Con cerotti e gomme alla nicotina non smetti di fumare…fumi di più

ROMA –  Cerotti o chewingum, spray nasali  o qualsivoglia terapia sostitutiva alla nicotina non offrono alcun vantaggio per smettere di fumare. Anzi, spesso la voglia di farlo torna più forte di prima. Il New York Times ha rilanciato dubbi e perplessità su un business che negli Stati Uniti è in continua espansione. L’effetto boomerang è il danno collaterale più vistoso da un punto di vista sanitario. Il fatto che la bontà dei prodotti sia stata certificata da studiosi prezzolati dall’industria del tabacco è l’accusa più grave da un punto di vista etico.

Anche perché, negli Usa, il ricorso a terapie sostitutive è finanziato in molti stati dal Medicaid: individui e famiglie a basso reddito possono accedervi gratuitamente. Un decisione che fu presa nel 1997 e che portò il giro d’affari dai 129 milioni di dollari annui del ’91 agli 800 milioni annui attuali. Opzione avallata a livello federale dopo che nel 1996 il Center for Tobacco Research dell’Università del Wisconsin (un pannello governativo) garantì scientificamente sulla efficacia dei prodotti per smettere di fumare. Peccato che i membri del pannello governativo, si è scoperto in seguito, furono lautamente finanziati dall’industria dei farmaci alla nicotina.

La ricerca (“la più approfondita e rigorosa” dice il Nyt) è stata eseguita su 1916 individui adulti, inclusi 787 che avevano appena interrotto il vizio di fumare. Le interviste ai volontari sono state fatte in tre periodi diversi, con intervallo di due anni ciascuno. A ogni intervallo un terzo dei tabagisti ci ricascava. “Questa indagine – ha spiegato uno degli autori dello studio dell’Harvard Center for Global Tobacco Control – rivela come, chi usa le terapie sostitutive , non ha vantaggio a lungo termine rispetto a chi sceglie di smettere di fumare contando solo sulle proprie forze”.

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Warsamé Dini Casali