Su una marchetta a Diego Della Valle crolla il mito del New York Times

Due miti sono crollati in un colpo solo, il New York Times e Suzie Menkes;

il New York Times perché sul suo sito internet ha pubblicato una vergognosa marchetta a favore di Diego Della Valle, che ha dato agli italiani delle scarpe Tod’s, quelle con i chiodini di cuoio sotto la suola; la Menkes perché della marchetta è l’autrice.

Lo spot era presentato, lunedì mattina italiana, quindi domenica notte a New York, nella home page del sito, nella sezione video, che è anche ben visibile, embedded in mezzo a qualche altra marchetta, sempre sulla moda, un po’ meno vergognosa, e a qualche pezzo di eccellente giornalismo, come quello sullo sfruttamento dei bambini abbandonati di Haiti, vagamente razzista ma impressionante.

Il titolo non è certamente da prima pagina: “Diego Della Valle aggiunge spezie al classico”. Se ne sarebbe vergognato il più umile giornale di provincia.

La giornalista Suzie Menkes

C’è solo da augurarsi che Della Valle abbia pagato parecchio denaro e non solo in cambio merce con scarpe e borsette. Certo, se si fosse fatto doppiare sarebbe stato meglio: avrebbe risparmiato di ribadire negli americani la convinzione che l’Italia è proprio a nord dell’Africa con la sua pronuncia un po’ terrona e l’inglese maccheronico che lui non parla certo meglio di Berlusconi; ma Berlusconi ne è consapevole e si fa doppiare.

Per l’immagine del giornale questo video è peggio di un attentato kamikaze.

Forse la redazione del New York Times è stata costretta dalla recessione a piegare la testa ai voleri della pubblicità, dai quali si era sempre orgogliosamente tenuta separata come da una invalicabile muraglia cinese, o forse la moda è un soggetto così poco nobile che le alte gerarchie non degnano nemmeno di una occhiata il materiale che ad essa si riferisce.

Quanto a Suzie Menkes, era stata capace di costruirsi un mito di giornalista inglese di alti principi e inflessibile; è invece fastidioso vederla aggirarsi tra gli scaffali di un negozio Tods, con la sua banana di capelli pettinata di traverso e con l’aria furba di chi sa che è tutto per finta e poi fare domande che, certamente pensate da lei, non sarebbero state concepite meglio dall’ufficio stampa di Della Valle.

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