Un segnale forte della fine del berlusconismo (non di Berlusconi) è il diradarsi delle nebbie nelle file dell’antiberlusconismo, sentimento post-ideologico che ha unito per quasi vent’anni italiani di destra e di sinistra. Marco Travaglio, per esempio, è stato etichettato erroneamente, da quando pubblicò il libro L’odore dei soldi (2001), come un giornalista di sinistra.
In un editoriale sul Fatto quotidiano dal titolo “Disintossichiamoli”, Travaglio guarda al dopo-B.: e non auspica un futuro governo di centrosinistra. Gli elettori di destra in fuga da Silvio non voteranno mai per Pd e alleati, secondo il giornalista torinese.
Convincerli a votare per il centrosinistra sarebbe impresa vana anche se il centrosinistra fosse qualcosa di presentabile, figurarsi con la parodia di centrosinistra che ci ritroviamo. E allora? Fini, con una meritoria intuizione, un anno fa aveva provato a offrire una scialuppa di salvataggio a chi sogna una destra normale. Peccato che fosse solo un’intuizione, perdipiù affidata a traffichini come Bocchino, a vecchie lenze come Ronchi, Consolo e Urso e a quell’orda di voltagabbana che, al primo frusciar di banconote e al primo sferragliar di cadreghe, son tornati prontamente all’ovile travestiti da “responsabili”. L’alleanza con Casini e financo con Rutelli ha posto fine – almeno per ora – al sogno pomposamente chiamato Futuro e Libertà per l’Italia, nonostante l’impegno di persone serie come Granata, Napoli, Perina, Filippo Rossi. Eppure c’è una sempre più folta destra antiberlusconiana in cerca di un leader e di un approdo, se è vero che metà dell’elettorato leghista e pidiellino è corsa a votare Sì ai referendum, compreso quello sul legittimo impedimento (cioè contro B.).
Travaglio cita il suo maestro, Indro Montanelli:
fin dal ’94, scrisse: “Con Berlusconi la parola destra diventerà impronunciabile per almeno 50 anni, per ragioni di decenza”. E nel 2001, poco prima di votare centrosinistra, urlò col poco fiato che gli restava in gola: “Questa non è la destra, questo è il manganello: gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello. La destra italiana è come quelle signore virtuose che, sotto sotto, sono attratte dal camionista nerboruto. Io sono un cornuto della destra: sposando la destra, ho sposato una moglie puttana”
Partendo da questa fotografia della situazione attuale, Travaglio lancia il suo cavallo preferito, Tonino Di Pietro, un altro che si trova a sinistra solo perché Berlusconi gli ha occupato tutto lo spazio a destra. A Di Pietro il giornalista indica un principio, la legalità. Sullo schieramento pare che già l’ex pm si stia attrezzando da solo.
Se […] c’è qualcuno (Di Pietro, per storia e formazione, è il più attrezzato) che vuol intercettare quei voti, deve presentare un programma semplice, dunque estraneo alle giaculatorie su destra e sinistra. […] Rimane un valore più attuale e spendibile: la legalità. Che non è giustizialismo. È legge uguale per tutti, un concetto che più trasversale non si può, visto che riassume l’articolo 3 della Costituzione. Per disintossicare milioni di italiani dal berlusconismo non c’è che una terapia: convincerli, dati alla mano, anzi alla tasca, che solo un sano programma legalitario potrà consentirci di mantenere il nostro benessere […] Il programma del prossimo governo è già scritto: manca soltanto qualcuno che se lo intesti.