L’operazione con l’Huffingtonpost “è spettacolare e audace, perfino temeraria”: “Le opportunità sono enormi: il sito di Arianna, cresciuto tumultuosamente negli scorsi anni fino a entrare nella top 10 dei siti di informazione globale, insidiando anche il New York Times per numero di utenti unici, potrebbe crescere ulteriormente come autorevolezza e diffusione ora che, uscito dalla fase artigianale, è incastonato in una società «mainstream» . Ma ci sono anche molte incognite, come dimostra il fatto che la Borsa ha salutato l’affare facendo calare del 3 per cento le già depresse quotazioni di Aol”.
Dietro la reazione della Borsa, c’è l’interrogativo riassunto da Platero: “Sarà il management Aol all’altezza del compito del management che ieri ha incassato e si è ritirato felice?”.
Gaggi rilancia e si chiede “come cambieranno il sito e il ruolo di Arianna nella nuova conglomerata dell’informazione. Il Post manterrà la stessa impostazione sbarazzina col marchio ideologico della sinistra radicale? Per quanto tempo resterà Arianna? Farà la direttrice manager anche delle altre testate? E i quattromila collaboratori, che (insieme a un centinaio di giornalisti stipendiati) hanno fin qui scritto gratis, continueranno a farlo ora che sanno di aver reso ricca col loro lavoro la fondatrice del sito?”
Gaggi ha dei dubbi. Anche se la Huffington, “secondo i patti, dovrebbe restare almeno tre anni” […] le altre testate del gruppo già mugugnano, lei probabilmente non ha voglia di incatenarsi a una scrivania e ha messo le mani avanti: «Questa è la tappa conclusiva della mia carriera» di direttrice. È evidente, comunque, che i siti politici di Aol sono destinati a svanire”, ma in compenso “adesso Aol si presenta come una nuova corazzata dell’informazione digitale, con 117 milioni di visitatori al mese negli Usa e 270 a livello globale”.