MILANO – Sono passati dieci anni dal crollo delle torri gemelle ma il ricordo della “colf somala grassoccia” che “esulta” è nella memoria di Vittorio Feltri indelebile.
Così, mentre gran parte delle firme italiane producono analisi e bilanci (Su Blitz trovate qui un’intervista esclusiva a Vittorio Zucconi) Feltri, nel suo editoriale odierno, torna con la mente alla colf.
Il giornalista racconta che l’11 settembre era a pranzo da amici: sullo sfondo, tra orecchiette alle cime di rapa e involtini al sugo c’era un maxi-schermo ignorato da tutti. E’ il giornalista, nel suo racconto, che coglie un improvviso mutamento. Non vede la tv. Vede invece la colf che serviva a tavola, che dopo un inizio al rallentatore “inizia a incedere quasi saltellando giuliva”.
La colf, spiega il giornalista, è una somala di circa trent’anni ed è musulmana (probabilmente l’ha intervistata dopo il fatto visto che lo afferma con certezza). A quel punto Feltri si gira verso la tv e vede le torri in fumo. Impreca, chiede lumi alla colf che racconta a tutti “nei minimi dettagli” quanto è accaduto.
Per il giornalista la colf esulta della tragedia. Non una roba da calciatori, niente braccia al cielo o ciucci in bocca. Semplicemente “alla ragazza brillavano gli occhi”, brillavano di orgoglio per “quello che la sua gente aveva fatto”. Feltri interpreta, processa e pensa pure a una condanna: “L’avrei schiaffeggiata”. Condanna non eseguita, non ce n’era il tempo: il mondo stava cambiando, bisognava subito correre alla redazione del giornale.