Ciò che non è riuscito a fare il terremoto è stato fatto dai tiranti d’acciaio. Oltre alle case antisismiche che fanno acqua da tutte le parti l’Aquila, martoriata dal terremoto del 6 aprile, deve subire anche questo. Una ditta privata, incaricata di mettere in sicurezza uno dei più antichi e prestigiosi palazzi privati del centro storico, ha sfondato, danneggiandoli irriparabilmente affreschi del 1705, collocati sopra le porte dell’edificio.
Adesso la ditta sarà processata, ma il danno ormai è fatto. Palazzo Carli Benedetti (rinascimentale, probabile opera di Silvestro dell’Aquila, lo stesso autore della cupola di San Bernardino) durante il terremoto viene seriamente danneggiato. I proprietari, l’architetto Carla Bartolomucci e il signor Giancarlo Pallotta, lo segnalano al Comune e al commissariato (retto fino a gennaio da Guido Bertolaso e ora dal governatore Gianni Chiodi) in particolare al vicecommissario per i Beni culturali, ingegner Luciano Marchetti. Che indica l’impresa “Ennio Soccodato”.
Il Comune, trattandosi di un palazzo privato, approva il progetto presentato dal vice commissariato che affida l’appalto e concede il via libera ai lavori che partono a maggio. Nessuno però controlla e la ditta piazza i tiranti nel bel mezzo degli affreschi dipinti sopra i vani, probabilmente del 1705, voluti dall’abate Ludovico Quatrari durante il ripristino del palazzo dopo il terremoto del 1703.
I proprietari scoprono il disastro e corrono in soprintendenza. Qui la soprintendente per i Beni storicoartistici dell’Abruzzo, Lucia Arbace, invia un ispettore. Che scrive una relazione inorridita: danni assurdi, un intervento privo di qualsiasi consapevolezza del bene in questione. La soprintendente avvisa la Direzione generale dei Beni culturali, affidata ad Anna Maria Reggiani, che denuncia tutto alla Procura. Anche Marchetti ha segnalato il danno al Comune e alla stessa Procura.
Sul perché non ci siano stati i controlli all’Aquila non si riesce a dare una risposta certa. Il Comune afferma che essendo un bene di proprietà privata era il legittimo proprietario a dover controllare, mentre c’è chi afferma che essendo gli afreschi un bene artistico di inestimabile valore dove trattare i lavori la stessa sovrintendenza.
Insomma il clima all’Aquila, sui Beni culturali, non è tra i più sereni. Un recente documento firmato dalla direttrice regionale Reggiani, dai tre soprintendenti dell’Abruzzo e dal direttore dell’Archivio di Stato, inviato a Bondi e allo stesso Chiodi, ricorda che la struttura di Marchetti ha competenza solo nel campo della messa in sicurezza.
Ma poiché “c’è percezione confusa e fuorviante” delle attribuzioni, i soprintendenti ricordano che al vicecommissario “resta preclusa ogni altra potestà operativa, quale quella attinente le attività di progettazione e/o coordinamento di interventi di restauro, consolidamento e simili”. Più chiari di così.
