Gino Nebiolo, giornalista e scrittore, ha fatto rivivere Bertoldo ai nostri tempi. Anche se è rimasta la cornice di una corte (granducale e non regale come nel soggetto originale), tutti i riferimenti sono esplicitamente contemporanei. Bertoldo è sempre quel “contadino rozzo di modi ma di mente acuta, che finisce per diventare consigliere del re”, secondo la definizione di Wikipedia, ma fatti, personaggi, circostanze sono chiaramente di oggi.
“I CONSUMI”
VOCE NARRANTE: L’interno di una salumeria di lusso. Tra i clienti un barbone.
IL BARBONE: Mi dia un euro di beni di consumo.
IL COMMESSO: Fuori dal negozio, cialtrone!
ARCIDUCA: Penso comunque che anche i poveri siano utili alla società…
BERTOLDO: … a condizione che lo rimangano.
ARCIDUCA: Non mi vorrai negare, bifolco, che il benessere si diffonde. Benchè sia costretto ad ammettere che cresce anche il numero dei poveri, soprattutto dei nuovi poveri…
BERTOLDO: Io rifiuto di essere compreso tra i nuovi poveri. Non faccio per vantarmi ma sono povero da generazioni.
ARCIDUCA: (scende dal trono e gli stringe la mano per congratularsi).
BERTOLDO: Uno dei problemi dei poveri è che li obbligate anche a essere onesti.
ARCIDUCA: D’altronde i poveri sono persone normali, come noi…
BERTOLDO: Con la differenza che non hanno soldi.
ARCIDUCA: Che cosa devo dire a quella gente sfortunata?
BERTOLDO: Cercherei di cavarmela con un mio proverbio che suona così: «Chi nasce sfortunato gli piove sul culo anche da seduto». Direi anche: «Abbiate pazienza ancora per tre o quattro anni. Dopo, ne avrete fatto l’abitudine».
ARCIDUCA: Sei insolente! Il popolo conserva tutta la ricchezza spirituale del Paese.
BERTOLDO – Quella materiale la conservano le banche, le finanziarie e le compagnie di assicurazioni.
ARCIDUCA: Eppure il mio governo…
BERTOLDO: (interrompendolo) Se il tuo governo dovesse mantenere tutte le promesse che fa, non gli basterebbe il bilancio degli Stati Uniti.
ARCIDUCA: Mi sembri qualunquista, bifolco.
BERTOLDO: Non ti capisco, Signore, spiegati meglio.
ARCIDUCA: Qualunquista è quell’individuo velleitario che manifesta sfiducia verso le grandi questioni e le forze politiche. Che esprime giudizi moralistici e assoluti, al di fuori da ogni riferimento con i partiti. Il termine è anche usato come sinonimo di nemico della politica in genere.
BERTOLDO: Sono qualunquista se propongo come motto del tuo Arciducato questa semplice frase: «Proibito avere ragione»?
ARCIDUCA: Non mi piace.
BERTOLDO: Allora ti piacerà quest’altra: «Ciò che non è autorizzato è proibito e ciò che non è proibito è obbligatorio».
VOCE NARRANTE: Ratti pongono mano i cortigiani alle else dei loro brandi e si tengon pronti gli armigeri all’ordine arciducale di balzare sul malcapitato Bertoldo e menarlo nelle buie segrete in attesa della sentenza. Ma l’Arciduca è in vena di buonismo, con un semplice movimento degli occhi riconduce la Corte alla calma e riprende scherzosamente il dialogo con il villico.
ARCIDUCA: Qualche provvedimento dovremo pur prenderlo per sanare il bilancio dello Stato…
BERTOLDO: Fai come ha fatto il governo del Principato di Caserotte. Ha deciso di tassare i proventi delle battone, inserite nel ramo artigianato, con l’obbligo del rilascio della ricevuta fiscale. Le contribuenti devono tenere aggiornati i libri contabili, sottoporsi ai controlli improvvisi della Tributaria. Di notte le più attive e richieste, oltre che dal magnaccia battono accompagnate dal commercialista. Ai clienti è offerta la possibilità di detrarre le spese purchè documentate. C’è stato anche un grande sciopero delle prostitute iscritte all’Ordine. Protestavano perchè i travestiti, i trans e le dilettanti non rilasciavano ricevute e si sottraevano alla tassazione. Chiedevano che fossero tassate anche le prestazioni volontarie non retribuite. Qualche estremista si spinse ad esigere una tassa “una tantum” per le coppie che si sposavano e per quelle, maschili e femminili, che si mettevano a vivere more uxorio.
ARCIDUCA: Sarà mai possibile ritornare ai tempi del boom?
BERTOLDO: Ho fatto un sogno. Anche da noi era scoppiato un boom economico eccezionale. La gente non sapeva più dove mettere i soldi. Una catena di grandi magazzini, La Trionfante, lanciò una iniziativa destinata a un successo senza precedenti: i saldi a rovescio. Invece di diminuire i prezzi, le merci venivano aumentate, quale del 30, quale del 50 e quale addirittura del 70 per cento. Subito gli altri negozi imitarono l’idea geniale. Piene di ogni bendiddio, le vetrine esibivano cartelli del genere: “Mocassini donna, euri 250” dove il prezzo era cancellato e sostituito da un altro: “euri 390”. “Abito completo da uomo pura flanella, euri 850” con il prezzo da saldo a euri 1.150. Le cravatte da euri 50 a 110. I calzini di filo di Scozia arrivarono sino a superare gli euri 105 il paio. I negozianti si spiavano a vicenda per alzare i prezzi appena vedevano che i concorrenti avevano alzato i loro. In alcune città la polizia fu mobilitata per sedare tumulti nelle code davanti agli empori.
VOCE NARRANTE: L’Arciduca quasi precipita dal trono nello sbellicarsi divertito mentre i cortigiani s’ interrogano inquieti sulla cagione di tante risate.
ARCIDUCA: Perché dici euri? Non dicono tutti euro anche al plurale?
BERTOLDO: Certo, tutti lo dicono sbagliando. Ma qualcuno dovrà pur avere incominciato. Chi? Euro, euro… Prima dell’euro non dicevamo mica mille lira. Vai in Francia e ti guardi bene dal dire mille franco, o in Inghilterra mille sterlina, o negli Stati Uniti mille dollaro, in Russia mille rublo… Adesso anche questa novità del singolare, non era bastata la batosta del cambio sfavorevole a 1936,27 lire per un euro…
ARCIDUCA: (che è bravo a cambiar discorso) Del fenomeno dell’immigrazione, bifolco, che giudizio dài?
BERTOLDO: Certo, produce anche episodi di rigetto. Ho un vicino di casa, in campagna, che gira sempre con il fucile a tracolla. Lui la pensa così: «Io gli extracomunitari li ferisco soltanto. Mi servono giusto per qualche giorno, come spaventapasseri nei miei campi».
ARCIDUCA: Ignobile!
BERTOLDO: E quell’altro? Dice: «Io razzista? Io che ho tutti i dischi di Ray Charles?»
ARCIDUCA: Spregevole!
BERTOLDO: Per non parlare di quel tizio che è sempre fuori di sè: ce l’ha con i romeni che vengono nel nostro Arciducato per togliere il pane di bocca agli albanesi.
ARCIDUCA: E la tolleranza?
BERTOLDO: Noi diciamo che uno fuma come un turco, lavora come un negro, è avaro come un ebreo, è ignorante come un baluba, siamo proprio gente senza pregiudizi, noi…
ARCIDUCA – La solidarietà?
BERTOLDO: Il mio vicino ha una domestica che arriva dal Ghana. Perciò sostiene di non vedere quali ragioni abbia la poveretta a protestare se sua moglie, donna coerente, la paga in nero.
ARCIDUCA: Come è l’Africa?
BERTOLDO: Tenebrosa.
ARCIDUCA: Tutto lì?
BERTOLDO: Nera.
ARCIDUCA: Le convulsioni che la dilaniano?
BERTOLDO: Tribali.
ARCIDUCA: E fanno temere?
BERTOLDO: Il ritorno al sanguinoso periodo post-coloniale.
ARCIDUCA: Che cosa vi si è sostituito?
BERTOLDO: Allo sfruttamento del bianco sull’indigeno, si è sostituito lo sfruttamento dell’indigeno furbo sull’indigeno fesso.
ARCIDUCA: Le sue sconfinate ricchezze?
BERTOLDO: Dilapidate da sergenti che si sono proclamati generali.
ARCIDUCA: Tuttavia le sue bellezze, laghi, fiumi, foreste, praterie eccetera?
BERTOLDO: Ineguagliabili e inesauribili.
ARCIDUCA: A meno che?
BERTOLDO: Il turismo di massa non ne faccia scempio.
ARCIDUCA: Che dovrebbero fare gli africani?
BERTOLDO: Dipende.
ARCIDUCA: Dipende da che cosa?
BERTOLDO: Da chi parla. Se parla uno che se ne infischia dell’Africa, dovrebbero costruirsi il futuro con le proprie mani.
ARCIDUCA: E uno che non se ne infischia?
BERTOLDO: Costruirlo con l’aiuto dell’Occidente opulento.
ARCIDUCA: E l’Occidente opulento che dice?
BERTOLDO: Non dice. Vende armi, bibite, videocassette porno, latte in polvere, medicinali scaduti.
ARCIDUCA: Come vedi dunque il futuro di questo continente?
BERTOLDO: Nero.
ARCIDUCA: I pigmei…
BERTOLDO: Vivono nelle foreste dell’Africa centrale. Hanno regole precise. Per esempio alla visita medica per il servizio militare i più alti di statura vengono scartati.
ARCIDUCA: Dimmi dei selvaggi…
BERTOLDO: Adoravano tronchi di albero decorati con fiori, frutti, pelli di animali. Poi qualcuno ha portato loro bibite in lattina, orologi di plastica, magliette t-shirt, radioline, telefoni cellulari. Li hanno appesi agli alberi e li adorano. Esattamente come facciamo noi. E per restare in Africa, mi permetti una delle mie Commedie Sintetiche?
“LIVINGSTON & STANLEY”
VOCE NARRANTE: Siamo nella fitta foresta africana. Il giornalista americano Henry Morton Stanley ha percorso gran parte del continente alla ricerca dell’esploratore scozzese David Livingston, che non dà notizie da mesi. Infine lo trova sulle rive del lago Tanganyka e pronuncia la celebre frase
STANLEY: Il dottor Livingston, suppongo.
LIVINGSTON: Se è per la Croce Rossa, abbiamo già dato.
BERTOLDO: (Sempre rivolto all’Arciduca, annusa l’aria): Toh, è arrivato il Presidente della tua Banca Centrale.
ARCIDUCA: Come hai fatto a vederlo, se non ti sei neppure voltato?
BERTOLDO: Lo riconosco dal deodorante. E’ lo stesso dello sceicco di Abu Swamp.
ARCIDUCA: Perchè lo motteggi? E’ una persona pia, aiuta i bisognosi.
BERTOLDO: Però non firma gli assegni destinati alla beneficenza: dice che vuol restare anonimo.
ARCIDUCA (al Presidente della Banca Centrale, frenandone il balzo in direzione del villano): Lo devi scusare. Lui, bifolco della montagna, in questa Corte è come Alice nel Paese delle Meraviglie.
BERTOLDO: E i tuoi sudditi sono come alici nel paese delle gozzoviglie. Del resto, Sire, non ho chiesto io di venire qui. Sarei rimasto volentieri nei prati con le pecore.
ARCIDUCA: Meglio vivere un giorno da pecora che mille anni da leone.
BERTOLDO: Meglio vivere in ginocchio che morire in piedi.
ARCIDUCA: Non c’è peggior sordo di uno che non sente.
BERTOLDO: Conosco un sordomuto che parla per sentito dire.
ARCIDUCA: Chi vende la vacca e si tiene il vitello ha il cervello sopra il cappello.
BERTOLDO: Il cane è il migliore amico della cagna.
ARCIDUCA: I debiti sono come i conigli, figliano a ripetizione.
BERTOLDO: Tanto va la gatta al lardo che aumenta il colesterolo.
ARCIDUCA: Gatta scottata dall’acqua bollente ha paura dell’acqua fredda.
BERTOLDO: Il gatto che dorme è quello che ruba il lardo.
ARCIDUCA: Chi non ha il gatto mantiene i topi.
BERTOLDO: E chi ce l’ha, mantiene gatto e topi.
ARCIDUCA: L’avaro è come il maiale, buono da morto.
BERTOLDO: Meglio essere grasso garzone che magro padrone.
ARCIDUCA: Vogliamoci bene e non scriviamoci mai.
BERTOLDO: Ragazza che guarda in giù dubita della propria virtù.
ARCIDUCA: Chi dà baci tanti, ha pochi contanti.
BERTOLDO: Chi porta i pantaloni di un altro avrà male al culo.
ARCIDUCA: Chi d’amor s’accoppia, di rabbia si lascia.
BERTOLDO: Chi l’amor comincia cantando finisce piangendo.
ARCIDUCA: Chi va a letto stanco non sente le pulci.
BERTOLDO: Chi dorme con i cani si sveglierà con le pulci.
ARCIDUCA: Chi non sa fingere non sa governare.
BERTOLDO: Chi non sa il suo mestiere, chiuda bottega.
ARCIDUCA: Chi regge il mestolo rimescola come vuole.
BERTOLDO: Chi lecca l’amaro non merita il dolce.
ARCIDUCA: Chi ha l’amaro in bocca non può sputare dolcezze.
BERTOLDO: Chi piscia chiaro se ne infischia del medico.
ARCIDUCA: Chi mangia il diavolo mangi anche le corna.
BERTOLDO: Chi si fa grattare da un altro non è mai grattato dove gli prude.
ARCIDUCA: Chi cerca di bere e fischiare insieme spreca il suo tempo
BERTOLDO: Chi ha le mani pulite può avere la coscienza sporca. Bada, Sire, che mani pulite l’ho detto con le minuscole…
ARCIDUCA: La lingua non ha osso ma può fare male grosso.
BERTOLDO: Uomo avvisato, con avviso di garanzia, mezzo condannato.
VOCE NARRANTE: Mentre l’Arciduca prende fiato dopo la sequela di sentenze, ascoltata dai cortigiani in silenzio tombale, Bertoldo estrae dalla sacca il bottiglione di vino, beve una lunga sorsata e si sdraia ai piedi del trono.
ARCIDUCA: (forse per provocarlo). Tu guidi, no? Hai un mezzo di locomozione no? Bada che le mie guardie stradali sottopongono tutti, nessuno escluso, all’etilometro. E se ti beccano con troppo alcol nel sangue, carcere duro, durissimo… Non mi piacciono i bevitori, gente inaffidabile, infelice, sofferente di scarti di umore. Evviva l’acqua.
BERTOLDO: Mal por mal – mas vale la taberna que el ospital!
ARCIDUCA: Che dici?
BERTOLDO: E’ un antico proverbio castigliano, meglio l’osteria dell’ospedale. E questo che segue è un moderno proverbio argentino: Mas vale borracho conoscido – que Alcolista Anonimo, meglio un ubriacone noto che un Alcolista Anonimo.
ARCIDUCA: Paese da vino, paese meschino.
BERTOLDO: Una buona ubriacatura, tre giorni dura.
ARCIDUCA: Uomo da vino val meno di un quattrino.
BERTOLDO: Il galantuomo ha un boccale di vino, il malandrino appena un quartino. Conosci, Sire, le regole della Scuola Salernitana?
Zuppa di vino assai giova:
gli occhi affina, i denti monda
empie ciò che vuoto trova,
isvuota ciò che abbonda.
ARCIDUCA: Io il vino l’ho abolito dalla mia mensa. Lo metto alla stregua del tabacco: alla lunga uccide.
BERTOLDO: Hai ragione. Alla lunga… Molto alla lunga. Nel frattempo, oltre che rallegrare lo spirito, favorisce diciamo l’amore…
ARCIDUCA: Nego, smentisco e mi adiro! Tu, bifolco, e voi miei nobili gentiluomini di Corte sapete con quanto pudore parlo delle cose che riguardano la carne. Eppure getto via il pudore per ribadire che il vino non soltanto nuoce allo spirito e al fegato, ma anche impedisce una… una… una corretta copula (arrossisce violentemente). Gli ubriaconi, poi…