ARCIDUCA: La morte, insomma, fa paura….
BERTOLDO: Sai, mio Signore, che cosa pensiamo noi, tu, i cortigiani e tutta l’umanità fuori dal Palazzo? Pensiamo increduli: «Possibile che anch’io debba morire? Io, che devo ancora finire la cura dal dentista?»
ARCIDUCA: Vuoi dire che nessuno crede veramente di dover un giorno abbandonare questa valle di lacrime?
BERTOLDO: Alla propria morte no. Crede in quella degli altri. Ho un amico. Dopo cena si allunga sulla poltrona, beve un cognacchino, legge i necrologi sul Corriere e va a letto contento.
ARCIDUCA: Ma esiste un rimedio alla ineluttabile dipartita?
BERTOLDO: Tutt’al più si può rimandare la morte altrui. Tommaso aveva deciso di passare le vacanze in un luogo dell’Africa senza telefono, senza giornali, senza servizi postali. Ci va e dopo i primi giorni di piccole nevrosi se la cava benissimo, non ha nostalgie e non ha rimpianti. In quel periodo gli muore un caro amico. Lui continuo a pensarlo come vivo, progettando cose da fare insieme, l’acquisto di una barca, un weekend a Napoli, quel bis della partita di caccia in Friuli. Al ritorno viene preso dai problemi del lavoro e dimentica di cercare l’amico. Nessuno gli dice che è morto, per gli altri la notizia è già archiviata. Qualche volta Tommaso si ripromette di telefonargli ma oggi un impegno, domani un viaggio, rimanda sempre. Sicchè dopo un paio di mesi, quando se ne ricorda e chiede di lui, è una brutta botta. Attenuata da un pensiero: «Per me eri vivo» dice rivolto all’amico. «Ti ho prolungato la vita di due mesi, sei contento?»
ARCIDUCA: Ma forse, scegliendo una vita sana, appartata, tranquilla…
BERTOLDO: E’ il caso di Enrico. A trent’anni programmò di diventare centenario esorcizzando la morte. Smise di fumare. Di bere. Si trasformò in un vegetariano. Niente di cotto, tutto crudo. Cessò di fare l’amore per non consumare energie. Si gettò in una intensa vita sportiva. Jogging, scalate sulle Dolomiti, corse in bicicletta. Respirava a pieni polmoni. Abbandonò il lavoro e la città, affittò una baita in montagna. All’alba spaccava tronchi d’albero. La sera coglieva le fragole del bosco. Sempre freschissimo, asciutto, triste. Mai un disturbo, mai nemmeno un raffreddore. Morì a 35 anni travolto dalla corriera delle Alpi.
ARCIDUCA: Sei deprimente, bifolco.
BERTOLDO: Deprimente o no, sono troppo vecchio per comperarmi un paio di Birch, «le scarpe che durano trent’anni»… Un po’ come quel celebre tenore che entrò in crisi mentre sfogliava l’agenda degli impegni (serate, recital, concerti, melodrammi, registrazioni, trasmissioni) e scoprì di averne sino all’anno 2028. «Vivrò tanto ancora?» Ossessionato dall’interrogativo, a poco a poco perse la voce. Lo fermarono mentre tentava di ammazzarsi con il pugnale di Rigoletto.
