ATTO SECONDO
VOCE NARRANTE: Avanza Bertoldo nella sala alla maniera dei gamberi, il didietro in avanti e il davanti all’indietro. Prova vivo stupore l’Arciduca e gliene domanda la ragione.
ARCIDUCA: Tu non hai punto civiltà nè creanza. Cos’è quest’altra tua stranezza?
BERTOLDO: Una precauzione. Di te mi fido, Signore. Ma dopo il tiro mancino di candidarmi alle elezioni, dei tuoi cortigiani no. Perciò a te posso porgere il podice senza correre pericoli. I cortigiani invece preferisco guardarli negli occhi e non lasciarmi le natiche senza difese.
ARCIDUCA: Stamane, nel venire qui alla reggia un motociclista ha sfiorato la mia Rolls sfrecciando pericolosamente. Mi fossi spostato di un centimetro si sarebbe schiantato.
BERTOLDO : Sono dei credenti. Hanno una fede cieca nella Divina Provvidenza, che tenga la sua mano sulla testa…
ARCIDUCA: La loro testa?
BERTOLDO: Quella dell’automobilista…
ARCIDUCA: Eh, le insidie della strada…
BERTOLDO: Posso descriverti una scenetta che ho colto per strada? Il mendicante privo di gambe è seduto a terra addossato alla spalletta del ponte Cavour. Ha un suo modo educato e professionale di questuare, sorride e tende il piattino. Sorride anche alla signora ultraquarantenne un po’ vistosa, con minigonna e grande collana di coralli. La signora dimena con garbo il sedere e passa rasente al mendicante, la minigonna quasi gli sfiora il naso. Va avanti di qualche passo, si ferma, si volta a guardare l’uomo senza gambe, fruga nella borsetta, ne estrae un biglietto, torna indietro e lascia cadere il biglietto nel piattino. Poi riprende la camminata. E’ un biglietto da visita e dice:
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Seguono indirizzo e numero del cellulare.
ARCIDUCA (afflitto): Oggi mi sento oppresso da mesti pensieri…
VOCE NARRANTE: Tace l’Arciduca e riflette sulla vita e sulla morte. Subitamente si arresta il brusìo dei cortigiani che fingono di riflettere anch’essi sul grave problema.
ARCIDUCA: Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo…
BERTOLDO: Cos’è, un quiz a premi?
ARCIDUCA: Il mistero della vita e della morte, villano….
BERTOLDO: Sono lacerato da un assillo: ok, devo morire, non dico di no, prima di me sono morti tutti, inutile fare tante storie. Ma se poi, tra un anno o un secolo gli scienziati ti vanno a scoprire il trucco per rendere immortali, io e quei miliardi e miliardi di poveri sfigati sottoterra che dovremo fare? Accettare l’ingiustizia e starcene zitti?
ARCIDUCA: La morte, insomma, fa paura….
BERTOLDO: Sai, mio Signore, che cosa pensiamo noi, tu, i cortigiani e tutta l’umanità fuori dal Palazzo? Pensiamo increduli: «Possibile che anch’io debba morire? Io, che devo ancora finire la cura dal dentista?»
ARCIDUCA: Vuoi dire che nessuno crede veramente di dover un giorno abbandonare questa valle di lacrime?
BERTOLDO: Alla propria morte no. Crede in quella degli altri. Ho un amico. Dopo cena si allunga sulla poltrona, beve un cognacchino, legge i necrologi sul Corriere e va a letto contento.
ARCIDUCA: Ma esiste un rimedio alla ineluttabile dipartita?
BERTOLDO: Tutt’al più si può rimandare la morte altrui. Tommaso aveva deciso di passare le vacanze in un luogo dell’Africa senza telefono, senza giornali, senza servizi postali. Ci va e dopo i primi giorni di piccole nevrosi se la cava benissimo, non ha nostalgie e non ha rimpianti. In quel periodo gli muore un caro amico. Lui continuo a pensarlo come vivo, progettando cose da fare insieme, l’acquisto di una barca, un weekend a Napoli, quel bis della partita di caccia in Friuli. Al ritorno viene preso dai problemi del lavoro e dimentica di cercare l’amico. Nessuno gli dice che è morto, per gli altri la notizia è già archiviata. Qualche volta Tommaso si ripromette di telefonargli ma oggi un impegno, domani un viaggio, rimanda sempre. Sicchè dopo un paio di mesi, quando se ne ricorda e chiede di lui, è una brutta botta. Attenuata da un pensiero: «Per me eri vivo» dice rivolto all’amico. «Ti ho prolungato la vita di due mesi, sei contento?»
ARCIDUCA: Ma forse, scegliendo una vita sana, appartata, tranquilla…
BERTOLDO: E’ il caso di Enrico. A trent’anni programmò di diventare centenario esorcizzando la morte. Smise di fumare. Di bere. Si trasformò in un vegetariano. Niente di cotto, tutto crudo. Cessò di fare l’amore per non consumare energie. Si gettò in una intensa vita sportiva. Jogging, scalate sulle Dolomiti, corse in bicicletta. Respirava a pieni polmoni. Abbandonò il lavoro e la città, affittò una baita in montagna. All’alba spaccava tronchi d’albero. La sera coglieva le fragole del bosco. Sempre freschissimo, asciutto, triste. Mai un disturbo, mai nemmeno un raffreddore. Morì a 35 anni travolto dalla corriera delle Alpi.
ARCIDUCA: Sei deprimente, bifolco.
BERTOLDO: Deprimente o no, sono troppo vecchio per comperarmi un paio di Birch, «le scarpe che durano trent’anni»… Un po’ come quel celebre tenore che entrò in crisi mentre sfogliava l’agenda degli impegni (serate, recital, concerti, melodrammi, registrazioni, trasmissioni) e scoprì di averne sino all’anno 2028. «Vivrò tanto ancora?» Ossessionato dall’interrogativo, a poco a poco perse la voce. Lo fermarono mentre tentava di ammazzarsi con il pugnale di Rigoletto.
ARCIDUCA: Che cosa lascia il defunto?
BERTOLDO: Un vuoto incolmabile.
ARCIDUCA: Ma è veramente scomparso?
BERTOLDO: No, vivrà eternamente nei nostri cuori.
ARCIDUCA: Chi partecipa al funerale?
BERTOLDO: L’intera cittadinanza. Autorità civili e militari. Esponenti del mondo dell’imprenditoria, della cultura e della società civile.
ARCIDUCA: E quelli della società incivile?
BERTOLDO: Assenti, ma presenti spiritualmente e con fiori e telegrammi di adesione.
ARCIDUCA: L’orazione funebre?
BERTOLDO: Suscita brividi di intensa pietà.
ARCIDUCA: Perchè?
BERTOLDO: Rievoca commoventi episodi.
ARCIDUCA: Le signore presenti?
BERTOLDO: Si abbandonano ai singulti.
ARCIDUCA: La vedova affranta?
BERTOLDO: E’ sostenuta dagli amici più intimi e dagli estimatori dello scomparso.
ARCIDUCA: Il quale?
BERTOLDO: Morì come era vissuto.
ARCIDUCA: Vale a dire?
BERTOLDO: In pace con se stesso e assai meno con gli altri.
ARCIDUCA: Alla mesta cerimonia, i figli che facevano?
BERTOLDO: Affrontavano lo strazio con composta virilità.
ARCIDUCA: Vedova e congiunti uniti?
BERTOLDO: Nell’impossibilità di rispondere singolarmente, vedova e congiunti uniti rivolgono un accorato ringraziamento a quanti hanno voluto far sentire il proprio solidale dolore.
ARCIDUCA: Ricordando?
BERTOLDO: Le elette qualità del defunto.
ARCIDUCA: Strappato?
BERTOLDO: Dall’orribile morbo.
ARCIDUCA: Quale morbo?
BERTOLDO: Una banale costipazione.
ARCIDUCA: A chi il morbo lo ha strappato?
BERTOLDO: All’affetto dei suoi cari, che vogliono esprimere la loro immensa gratitudine al professor Velocis per l’assistenza instancabile e affettuosa sino all’ultimo istante.
ARCIDUCA: Purtroppo?
BERTOLDO: Purtroppo la scienza non fa miracoli.
ARCIDUCA: Però l’Aldilà, se davvero esiste…
BERTOLDO: Un bel giorno Gianpiero spirò. Come facevano gli egizi, gli etruschi e i maya, volle nella sua tomba alcuni degli oggetti che lo avevano accompagnato nel transito terrestre: telefono cellulare, tessera della tribuna allo Stadio, televisore a colori. Credeva in un Dio generoso che nell’Aldilà applicava tariffe telefoniche più convenienti, aiutava la sua squadra a vincere almeno le partite in casa e non ammetteva in nessun modo i talk-shows televisivi. Dal suo silenzio offeso si direbbe che abbia scelto il Dio sbagliato.
ARCIDUCA: Poi c’è chi all’Aldilà non crede…
BERTOLDO: Come William O’Hara.E’ un poco di buono e sente approssimarsi il momento della fine. Il medico gli ha detto della brutta malattia. Poichè non crede nell’eternità dell’anima e nel castigo divino, raccoglie le poche forze per svaligiare una banca (vuole lasciare il bottino alla sola tra le amanti che non lo ha tradito). La polizia irrompe mentre sta spianando il mitra contro il cassiere. Appena vede gli agenti spara, viene colpito, strabuzza gli occhi e muore. Ultimo pensiero compiaciuto: «Almeno non avrò il fastidio di rendere conto a Dio». Invece lassù è in attesa un Tribunale celeste che dopo una lunga istruttoria e un lunghissimo processo lo
lo precipita dal firmamento. “Tanto valeva che avessi creduto” brontola William seccato durante il volo.
ARCIDUCA: Ti ho convocato per farmi ridere e tu mi fai sconsolati racconti di cronaca nera. La cronaca… I giornali sono sempre più avidi di delitti, stragi, stupri, rapine e vi dedicano uno spazio esagerato..
BERTOLDO: I Corrieri della “nera”.
ARCIDUCA: Leggo dalla cronaca di oggi che all’aeroporto di Malpensa la polizia ha arrestato un cantante di rock duro che trasportava eroina, nascosta nella chitarra, per conto della ‘ndrangheta.
BERTOLDO: Il corriere della “pera”.
ARCIDUCA: Come è la pallottola?
BERTOLDO: Vagante
ARCIDUCA: La madre?
BERTOLDO: Snaturata.
ARCIDUCA: La follia?
BERTOLDO: Omicida.
ARCIDUCA: L’episodio?
BERTOLDO: Raccapricciante.
ARCIDUCA: Che fa la polizia?
BERTOLDO: Annaspa.
ARCIDUCA: L’assassino?
BERTOLDO: Sicuramente conosciuto dalla vittima: in caso diverso questa non gli avrebbe aperto.
ARCIDUCA: Dopo che gli ha aperto?
BERTOLDO: Ventiquattro martellate sulla nuca. Ma mortali fortunatamente soltanto le prime due.
ARCIDUCA: Prove?
BERTOLDO: Più che prove, indizi. E più che indizi, sospetti. E più che sospetti, impressioni, presentimenti, nulla.
ARCIDUCA: La scientifica che fa?
BERTOLDO: Rileva le impronte.
ARCIDUCA: Dunque vi erano impronte!
BERTOLDO: Nessuna.
ARCIDUCA: I testimoni?
BERTOLDO: Concordi nell’affermare che la vittima, del resto incensurata, conduceva una vita ineccepibile, tutta casa e lavoro.
ARCIDUCA: Quale lavoro?
BERTOLDO: Racket nei negozi del quartiere.
ARCIDUCA: In conclusione?
BERTOLDO: In conclusione l’efferato delitto resta in-spiegabile. Un diabolico giallo.
ARCIDUCA: Questo per l’efferato delitto di Tordinona. E per l’efferato delitto della Casbah?
BERTOLDO: Si può parlare viceversa di pieno successo. L’elegante zona residenziale di ville e piscine, detta appunto La Casbah, era stata sconvolta dall’efferato delitto. Per buona sorte la scientifica ha scoperto sotto le unghie della giovane vittima un brandello di pelle che dagli esami risultò appartenere a un individuo di sesso maschile, bianco, capelli sul biondo-castano, alto 1 metro e 79, età 44 anni, miope, leggermente claudicante, laureato in giurisprudenza, segni particolari: un neo sulla spalla sinistra e il tatuaggio di un’orchidea selvaggia sulla natica destra.
ARCIDUCA: In base a questi precisi dettagli la polizia ha dunque arrestato l’assassino?
BERTOLDO: L’assassina. Una vecchia megera addetta alla lavanderia della zona residenziale, che ha confessato l’efferato delitto, compiuto per amore.
ARCIDUCA: Anche la polizia spesso è inerme…
BERTOLDO: In Francia un comico di varietà è stato condannato per avere detto dal palcoscenico: “Quando vedete un poliziotto per la strada state tranquilli, non c’è nessun pericolo. Se ci fosse, il poliziotto non sarebbe lì”.
ARCIDUCA: Il malessere tocca un po’ tutti i settori della vita pubblica…
BERTOLDO: Incluso il giornalismo. Con un discreto successo di pubblico sopravvive un giornalismo tipo saggezze Perugina. Campa su una ricetta collaudata, mescolando poche idee ad assiomi, vecchi aforismi, frasi fatte, citazioni e ritagli di testi propri e altrui. E’ anche un giornalismo indolente. Gli articoli che pubblica li ha già publicati cento volte, sempre con le stesse firme.
ARCIDUCA: In passato i giornali uscivano con inchieste interessanti che ti aprivano lo sguardo sul mondo…
BERTOLDO: Il giornalismo di inchieste nell’Arciducato non si usa più. Qualcuno lo rimpiange, ma io ricordo come veniva fatto. Un giornalista scriveva le puntate di una inchiesta, che so, sugli integralisti islamici in Algeria. Gli articoli finivano negli archivi di tutti i quotidiani. Quando un altro giornalista veniva a sua volta mandato a svolgere una inchiesta in Algeria sugli integralisti islamici, prima di partire metteva in valigia i ritagli degli articoli del collega. E costruiva i suoi con quei ritagli. Si è dato il caso di un giornalista che per primo aveva scritto sugli integralisti islamici in Algeria: dovendoci ritornare qualche anno dopo, aveva messo in valigia i ritagli dell’ultimo collega che si era recato in quel paese. Erano articoli copiati dai suoi. Allora, dimenticando di averli scritti lui, copiava se stesso.
ARCIDUCA: La lettura dei quotidiani, ogni mattino, non sempre aiuta a incominciar bene la giornata.
BERTOLDO: A parte le notizie catastrofiche, che non sono colpa dei giornalisti, i titoli… Chi li capisce? Criptici, indecifrabili, involontariamente comici. “Si arrampica sul cornicione e ritrova moglie e figlie fuggite”, per dire che un tizio si era arrampicato per protesta e che, commosse dal suo gesto, moglie e figlie erano ritornate a casa. “Presidenziali? Bossi: Non pasaran”. “Riconferme dei sindaci, avviso ai naviganti”, “Generali-Allianz è guerra francese per Agf”, “Lo strappo di Di Pietro”, al didietro dei calzoni? “Corna di Berlusconi” date o ricevute?, “Veltroni si d’alemizza?”
ARCIDUCA: Ormai anche le televisioni sono piene di interviste. Qualsiasi cosa succeda, il deragliamento di un treno o la storia della nonna che, fecondata con il seme del genero, dà alla luce un bimbo che è contemporaneamente suo figlio e suo nipote, quasiasi pretesto è buono per intervistare poeti, benzinari, luminari della scienza, elet-trauto, pornodive, sottosegretari… E la domanda di rito al familiare della vittima: “Che cosa ha provato quando ha saputo dell’ucisione del suo caro?”
BERTOLDO: Ugualmente nella carta stampata. E ma-gari ci andassero, i cronisti, a intervistare. No. Nessuno si muove più dalla redazione, nessuno si allontana più dal telefono. Siamo in pieno giornalismo telefonico. E’ comodo e rapido. Domanda e risposta. Se cade la linea, richiami. I più impudenti, per dare l’impressione di avere l’interlocutore davanti in carne e ossa, e non sul filo, ne descrivono l’abito, la cravatta, i gesti di stizza, di meraviglia. Senza averli mai visti. Poi c’è l’intervista al citofono…
ARCIDUCA: Citofono?
BERTOLDO: Sì, dalla strada domande ai parenti della vittima, al detenuto costretto ai domiciliari. Un po’ come l’intervista dal predellino?
ARCIDUCA: Ma cosa dici…
BERTOLDO: Certi uomini politici, per la fretta, vengono intervistati mentre salgono sull’auto blindata. Le loro vengono definite “interviste dal predellino”…
ARCIDUCA: Sbaglio, oppure i giornali indulgono a pettegolezzo politico, al gossip?
BERTOLDO: E’ il giornalismo-portineria, che dedica paginate ai retroscena del Palazzo, ai segreti della vita dei partiti o al fine settimana dei leaders, e ci porta a saper tutto della barca a vela di tizio, e quanto è costata, dove viene or-meggiata, sulla megavilla in Sardegna di quell’altro, sul cuoco di caio, sull’ultima amica di sempronio, come se il pubblico non avesse altri problemi per la testa e altre curiosità… Per non parlae dei vizietti narrati scoprndo le lenzuola: escort, trans, natiche, silicone, ricatti, magari anche cocaina…
ARCIDUCA: Il tuo pensiero sulle droghe.
BERTOLDO: L’hashish sta ala cocaina come il lambrusco all’amarone.
ARCIDUCA: Qual è la distanza più breve tra due punti?
BERTOLDO: La metropolitana.
ARCIDUCA: Come è il traffico?
BERTOLDO: Convulso.
ARCIDUCA: Dove sono i vigili?
BERTOLDO: Altrove.
ARCIDUCA: I semafori?
BERTOLDO: Uno sì e uno no, fuori sincrono.
ARCIDUCA: E gli altri?
BERTOLDO: Spenti.
ARCIDUCA: Le strisce pedonali?
BERTOLDO: Svanite sin da tre Sindaci fa.
ARCIDUCA: Il parcheggio?
BERTOLDO: Esaurito. Nemmeno un posto in piedi.
ARCIDUCA: La tregua?
BERTOLDO: Armata.
ARCIDUCA: Il tonfo?
BERTOLDO: Sordo.
ARCIDUCA: Il battito?
BERTOLDO: Regolare.
ARCIDUCA: Le carte?
BERTOLDO: In tavola.
ARCIDUCA: Il panorama?
BERTOLDO: Ridente e ameno.
ARCIDUCA: I cibi?
BERTOLDO: Semplici ma sani.
ARCIDUCA: Tu che cosa ordini?
BERTOLDO: Due di tutto.
ARCIDUCA: Il servizio?
BERTOLDO: Non compreso nel conto.
ARCIDUCA: Pane e coperto?
BERTOLDO: Non compresi nel conto.
ARCIDUCA: Che cosa dunque è compreso nel conto?
BERTOLDO: L’appartamento che s’è comperato l’oste al Forte dei Marmi.
ARCIDUCA: Siamo andati un po’ fuori dal seminato… Vedi i cortigiani? Non sanno se ridere o restare seri.
BERTOLDO: Quelli ridono a comando. Non li hai as-sunti per questo?
ARCIDUCA: Insolente! Non apprezzi proprio nessuno! Ami almeno l’infanzia?
BERTOLDO: Il pianto di un bimbo commuove persino il mostro di Bruxelles, i primi dieci minuti.
ARCIDUCA: Mamme quante ce n’e?
BERTOLDO: Una sola. Figli purtroppo no.
ARCIDUCA: Padri?
BERTOLDO: Rispondo con una penosa sintetica commedia.