ARCIDUCA: A tuo giudizio si leggono molti libri nel nostro Arciducato?
BERTOLDO: Pochissimi. Ma non è tutta colpa degli scrittori. Lo dimostra questa commedia intitolata
“LIBRERIA”
VOCE NARRANTE: La scena rappresenta una libreria virtuale. Un cliente si aggira tra gli scaffali, prende un libro e lo sfoglia. Il commesso che lo teneva d’occhio gli balza addosso.
IL COMMESSO: Ah, l’ho vista sa? metta subito giù quel libro! Chi crede di essere? Badi che chiamo una guardia. Ci mancherebbe altro che la gente venisse qui a leggere a sbafo. Fuori!
ARCIDUCA: Vuoi dire che la colpa è dei librai?
BERTOLDO: No certo. Molta colpa hanno gli autori. Luca viene da me per lamentarsi. Piagnucola: «Sono un uomo banale. Vivo una esistenza banale. I miei amori sono banali. Scrivo libri banali. Vi sono al mondo milioni di persone banali e mi domando come mai i miei libri si vendono così poco».
ARCIDUCA: E i critici hanno colpe?
BERTOLDO: Dei libri che devono recensire alcuni leggono soltanto il risvolto di copertina (e quand’anche). Mi viene la tentazione di pubblicare un libro sul risvolto del quale è raccontata la storia di un altro libro. Vedere che cosa succede.
ARCIDUCA: Ma vi sono anche critici che leggono, critici benevoli…
BERTOLDO: Uno, incontrando un autore ad un premio letterario, gli ha detto: “Bravo, lo sa che il suo spregevole romanzo mi è piaciuto?”
ARCIDUCA: Umano, ti pare?
BERTOLDO: Lo stesso che ad un suo collega raccomanda: “Non stroncare quello scrittore. E’ un masochista. Potrebbe fargli piacere”.
ARCIDUCA: Hai accennato ai premi. Che ne pensi?
BERTOLDO: Vorrei conoscere in anticipo i risultati del Superenalotto come si conoscono in anticipo i verdetti dei premi letterari. Sarei miliardario…
ARCIDUCA: Come reagisce il premiato nell’apprendere la notizia?
BERTOLDO: Con stupore.
ARCIDUCA: Le sue prime parole?
BERTOLDO: La notizia mi giunge inattesa. Vincere questo riconoscimento mi onora e m’inorgoglisce. Giuria generosa: avrebbe potuto premiare altri più degni di me.
ARCIDUCA: Queste le parole. E quale il pensiero?
BERTOLDO: Maiali. Sono secoli che tengo il fiato. Ho rischiato di morire in apnea nell’attesa. Quando arriva la televisione?
ARCIDUCA: Hai letto la Bibbia?
BERTOLDO: No. Però ho visto il telefilm.
ARCIDUCA: E la Divina Commedia l’hai letta?
BERTOLDO: Aspetto il telefilm.
ARCIDUCA: La mia vita è un romanzo.
BERTOLDO: Non raccontarmela, preferisco aspettare la riduzione cinematografica.
ARCIDUCA: Posso tuttavia dire con orgoglio che l’Arciducato è un paese in cui la cultura ha raggiunto tutti gli strati della società. Del resto il piacere della lettura è un dono divino…
BERTOLDO: Con tutto il da fare, ufficio, famiglia, tennis e di sera la televisione, Roberto non ha tempo di leggere. Compra i libri appena le classifiche dei giornali li segnalano e li passa alla segretaria. Poi la interroga. “Come è?”. “Così così”. “Di che cosa parla?”. “Di due che si incontrano e litigano”. “Ho capito. E quel saggio politico?” “Noioso”. “Ho capito”. Quando gli succede di trovarsi nei salotti esprime il suo giudizio sulle novità di letteratura, saggistica, poesia. “Una storia sciatta, due che s’incontrano e litigano. Scritto, poi, così così”. “E quel saggio su Politica e Giustizia?” “Noioso”. “Ma dove lo trova il tempo di leggere tutte quelle cose, lei?” “La notte, mentre voi dormite”. Impunito… Avrei da mostrarti, Signore, un esempio di lettore perfetto.
ARCIDUCA: Mostramelo.
“IL LETTORE PERFETTO”
VOCE NARRANTE: L’interno di una banca, dove lavora Alessandro come capocontabile. Alessandro si confida con un collega.
ALESSANDRO: Mi sono lasciato tentare da Pirandello e ho comperato i due volumi delle “Novelle per un anno”. Sono 232 novelle, da consumarsi appunto in un anno. Escluse le domeniche, fa 0,66 novelle al giorno. Il prezzo dei due libri è di 48 euri. Divido 48 per 232 e vengono euri 0,207 per ogni novella. Moltiplico 232 per 0,207 e vengono euri 0,50 per ogni giorno di lettura. Mi sembra un affare, tu che ne dici?
ARCIDUCA: Il piacere di leggere è forse uguagliato soltanto da quello di scrivere.
BERTOLDO: Arricchitosi rapidamente con un paio di romanzi molto audaci s’è comperato una casa a Londra dopo quelle di Milano, Roma, Positano, Venezia, Parigi, New York. Passa la vita trasferendosi da una all’altra. Le ha arredate con eleganza e non mancano di niente. Si assomigliano tutte. Dispongono di uno studio con enormi librerie e in ciascuna trovi gli stessi volumi. Li compra dieci alla volta e li fa spedire nelle diverse case. Adesso è talmente occupato a trasferirsi da una all’altra e a comperare e smistare libri che non trova un minuto per scrivere e tanto meno per leggere.
ARCIDUCA: E la gente comune, come vede gli scrittori?
BERTOLDO: Il portinaio ferma l’inquilino del terzo piano, che è un noto romanziere. «Mi tolga una curiosità» chiede. «Lei, che cosa ne fa delle parole usate?».
ARCIDUCA: In letteratura come nello sport vi sono professionisti e dilettanti. Conosci tu uno scrittore dilettante?
BERTOLDO: Sì. Te lo spiego con un’altra delle mie commedie, questa meno sintetica delle solite. Titolo
“LO SCRITTORE DELLA DOMENICA”
VOCE NARRANTE: La scena rappresenta uno studio nel quale un uomo sta al computer. Di mestiere fa il giornalista ma il sabato e la domenica scrive romanzi. E’ un narratore timido e vendicativo, di scarso successo. Non essendogli consentito di dimostrare in altri modi il suo potere, usa la tastiera. Troppo prudente per attaccare creature reali, infierisce sui suoi personaggi nei quali adombra i colleghi e le colleghe più bravi o gli hanno fatto dei dispetti o gli sono antipatici. Scrive la pagina di un racconto in cui dà la parola ad una donna che narra una sua vicenda:
IL GIORNALISTA-SCRITTORE: (legge) «Stavamo sulla chiatta e uno scroscio di pioggia ci costrinse a ritirarci. Fu nella penombra della cabina che scorsi qualcosa, o forse qualcuno appostato. Stefano! gridai… Stefano tardava ad arrivare. Un colpo di vento sbattè la porta alle mie spalle. Ero paralizzata dal terrore…».
VOCE NARRANTE: A questo punto la donna s’interrompe. Lo scrittore ha deciso di zittirla e passare ad altro.
IL GIORNALISTA SCRITTORE: «Voglio vedere la faccia di questa cretina ora che le ho sprangato la bocca!»
VOCE NARRANTE: Salvo l’io narrante, quando c’è, questo romanziere non ama nessuno dei suoi personaggi. Alcuni li odia. Il libro gli serve soltanto per metterli in difficoltà esercitando su di essi un’autorità assoluta.
IL GIORNALISTA SCRITTORE: «E non protestare, sai! Altrimenti ti faccio sparire».
VOCE NARRANTE: Se un personaggio si ribella alle sue prepotenze, con un sogghigno:
IL GIORNALISTA-SCRITTORE: «Ah si? Guarda un po’ che ti succede!» (riprende a battere sulla tastiera del computer) «Marco prese a contorcersi, ad emettere con i gemiti un filo di bava giallastra. L’amico corso a cercare il contravveleno doveva essersi perduto nella palude… Visto? E se la lezione non ti basta, farai la fine di Ulderica».
VOCE NARRANTE: Ulderica assomigliava in tutto e per tutto alla collega che era riuscita a soffiargli un viaggio gratis in Brasile. L’aveva fatta violentare da un paio di pazzi fuggiti dal manicomio, torturare da un medico sadico, rinchiudere in un baule pieno di topi di fogna affamati e da questi morsicare nelle parti più intime sino all’ultimo respiro.
ARCIDUCA: Leggere, scrivere… E viaggiare, una delle più antiche e grandi conquiste dell’uomo. Oggi, poi, con i mezzi forniti dalla tecnica chiunque può scoprire nuove civiltà…
BERTOLDO: Ne sei sicuro? Vorrei allora propinarti un’altra delle mie commedie sintetiche. La dedico ai viaggiatori di cui parli e la intitolo
“GRAND’HOTEL”
VOCE NARRANTE: La lobby di un grande albergo dello Zinbabwe.. Un cliente si sveglia da un breve pisolino su una poltrona.
CLIENTE (a un cameriere che passa): Scusi, ho la testa un po’ confusa. Mi trovo all’Hilton di Bali, allo Sheraton di Honolulu, al Marriot di Acapulco, all’Howard Johnson di Singapore… (continua all’infinito ad elencare alberghi).
ARCIDUCA: Che cosa è un coccodrillo?
BERTOLDO: Alludi al grosso rettile lacertiforme comune nei fiumi africani?
ARCIDUCA: Alludo a una espressione del gergo giornalistico.
BERTOLDO: Allora è l’articolo in cui vengono cantati il talento e le eccelse qualità di un personaggio, quando muore. Scritto con congruo anticipo, viene messo da parte in attesa di essere pubblicato al momento giusto. Questo tempo di attesa viene detta “coccodrillo in frigorifero”.
ARCIDUCA: Fammi un esempio di coccodrillo.
BERTOLDO: Due vecchi giornalisti che si odiano, come succede talvolta tra i giornalisti e spesso tra i vecchi, scrivono per il frigorifero l’uno il coccodrillo dell’altro. Li agitano sentimenti contrastanti: «Se sia meglio sopravvivere al collega per offrire ai lettori quel magnifico modello di splendida prosa contenuta nel mio articolo, oppure se sia meglio morire prima del collega perchè centinaia di migliaia di persone possano leggere, sia pure in una pessima prosa, l’elogio del mio talento e delle mie eccelse qualità».
ARCIDUCA: Si legge poco, ma almeno non negherai le delizie della conversazione, gravemente ferita se non uccisa dalla televisione…
BERTOLDO: Come oserei? A conferma ti quanto dici, Signore, consentimi di riferirti questa scena raccolta la sera di un sabato mondano.