Oppure:
«Le presento la signora De Propertiis».
«Piacere, signora… Ma non ci siamo già conosciuti… Sì, l’estate scorsa a Taormina, ricorda?»
La signora arrossisce e abbassa lo sguardo
Oppure, se mi consenti di raccontarlo con un’altra sintetica commedia che intitolo
“AMMIRAZIONE”
VOCE NARRANTE: Una sala delle conferenze che si sta sfollando. La Ragazza Entusiasta si fa incontro al Vecchissimo professore di Filosofia che ha appena concluso il suo intervento.
LA RAGAZZA ENTUSIASTA: Da molto tempo, professore, morivo dalla voglia di conoscerla…
IL VECCHISSIMO PROFESSORE (sbalordito): Ma è proprio sicura, figliola?
ARCIDUCA: Un tempo “far l’amore” valeva per scambiar parole affettuose tra fidanzati. Fanno all’amore da dieci anni, per dire che si parlano da tanto tempo ed è venuto il momento di sposarsi.
BERTOLDO: Oh la santa ingenuità del Tommaseo, quando citava Guittone d’Arezzo, col suo “cortesemente amorevoleggiavano”, e significava “fare amorevolezze”, non nel senso odierno, di cavare subito le mutande e infilarsi sotto le lenzuola, bensì di scambiarsi cose carine. “Chi è inclinato a mostre d’amore potrà dirsi assolutamente che amoreggia”. Mostre d’amore, gesti gentili, non esercitazioni sessuali. Amoreggiare, cioè vezzeggiare e simili. Per l’onesto Tommaseo “fare all’amore, per estensione, è manifestare brama viva di cosa: fare all’amore a un cavallo, a una casa, a una dote; e per la dote far l’amore con la ragazza”.
ARCIDUCA: Bravo villano! Vedo che i grevi lavori del campo non ti hanno tolto il buon sentire. Io, il Tommaseo, lo tengo sul comodino da notte. E medito sulle sue riflessioni
BERTOLDO: Purtroppo son sentimenti che risalgono ai tempi quando Berta filava le brache al gallo. Berta, sapete, era la madre della mia bisnonna.
ARCIDUCA: Erano i tempi, quelli di Berta, in cui la parola “amante” non aveva quel senso lascivo che oggi ha.
BERTOLDO: Caso mai lo aveva la parola drudo, una parolaccia. Damo, al contrario, era chi amoreggiava con fini non rei, perchè tendeva ad essere sposo della damigella. Però, anche ai tempi del Tommaseo vi erano ahimè “certe ragazzucce che hanno il damo, che non è amante nè sposo; hanno tanti dami, che finisce che non hanno mai sposo”.
