ARCIDUCA (sermoneggiando secondo il solito, rivolto ai cortigiani): Per nulla al mondo giudicate uno dalle apparenze. Questo Bertoldo qui parrebbe un rustico di poco cervello e invece ha talento e persino dirittura morale.
VOCE NARRANTE: Immantinente i cortigiani rivolgono al bifolco in jeans applausi, sorrisi, carezze e si compiacciono con lanci di mentine, maledicendolo in cuor loro.
BERTOLDO (rivolto ai cortigiani): Con il consenso del Serenissimo Arciduca, e anche senza il suo consenso, vorrei restituirvi gli applausi, i sorrisi, le carezze e le mentine. Non so che farmene e del resto vengono da gente, come voi, della quale non ho la minina stima.
VOCE NARRANTE: La Corte rumoreggia e non pochi Ministri e gazzettieri fanno l’atto di scagliarsi contro Bertoldo, che corre a ripararsi dietro il trono presidenziale, e vi rimane sino a quando quiete e silenzio vengono imposti dagli armigeri a piattonate. In nome dei colleghi, il Ministro della Giustizia s’inginocchia dinanzi al Signore per denunciare l’offesa arrecata loro dal cafone e invocare un castigo esemplare.
MINISTRO DELLA GIUSTIZIA: Suggerisco, Reveren-dissimo Sovrano, il taglio della testa al bifolco che nell’ingiuriare noi ha colpito la Maestà vostra.
BERTOLDO( sempre nascosto dietro il trono): A me, si-gnor Ministro, la testa si può tagliare perchè ne possiedo u-na. Voi non correte questo pericolo.
VOCE NARRANTE: Levano alte grida ancora i corti-giani e si apprestano a balzare sul malcapitato ma l’Arciduca aggrotta le ciglia e con un cenno della mano impone loro di tacere.
ARCIDUCA: Fermi e zitti, perbacco! Decido io chi, quando e che cosa far tagliare. (Rivolto a Bertoldo) Esci dal ri-paro senza timore. Sino alla prossima rivoluzione qui comando io. E riprendiamo il nostro favellare. Dicevamo, villano, che in amore i costumi sono mutati. Quanto mutati?
BERTOLDO: «Le presento la mia fidanzata». Adesso si dice così, anche se tutti sanno che lui è sui cinquanta, è stato sposato due volte, ha avuto tre figli da ciascuna delle mogli e vive con questa, che è stata la mantenuta di un paio di avvocati e gli fa da segretaria. Un tempo la parola fidanzata significava: promessa in matrimonio. Oggi: ci dormo normalmente.
ARCIDUCA: Si dice anche la mia ragazza, il mio ra-gazzo…
BERTOLDO: Quando a dirlo sono i giovani, niente da eccepire. Ma sovente lo dicono gli adulti. Per esempio la ragazza del mio dentista ha superato la quarantina. Lui, che lei chiama il mio ragazzo, dovrà presto ritirarsi perchè l’artrosi gli impedisce di manovrare il trapano. Sta per com-piere i 65.
ARCIDUCA: Fammi un esempio di giuramento d’amore.
BERTOLDO: «Giurami che è la prima volta che scappi con un sadico».
ARCIDUCA: L’amore vive di giuramenti.
BERTOLDO: «Ti giuro: sin dal primo momento che ti ho vista ho capito che mi avresti dovuto prestare cinquecento euri».
ARCIDUCA: Le veline… Non saprei come definire queste professioniste televisive del seminudo…
BERTOLDO: Nemmeno io. Però conosco le parole della loro confessione, quando vanno da prete: “Mea pulpa, mea maxima pulpa…”
ARCIDUCA: Hai mica una definizione del topless, vi-sto che va sempre di moda sulle spiagge e anche altrove…
BERTOLDO: Nude alla metà.
ARCIDUCA: I matrimoni diventano sempre più rari, ma almeno ci si sposa per amore.
BERTOLDO: Un tempo i matrimoni erano tutti combinati. Ecco una lettera che la marchesa mantovana Lucrezia Gonzaga scriveva alla figlia nel 1500 o giù di lì:
“Rallegrati, Giulia, e alza le mani al cielo poiché mentre sono stata alla Fiera di Rovigo ti ho trovato un marito. E’ di tal qualità che ognuno che lo conosce lo giudica laborioso ne’ negozi, forte ne’ pericoli, industrioso in qualunque cosa, presto nel darvi protezione e di gran consiglio nel provvedere. Ponitici adunque in ordine perciocchè io penso ch’egli se ne verrà con noi alla Fratta, e fa che non ti trovi coi capelli scarmigliati, col viso sudicio e con le mani impiastricciate come se tu fossi la cuoca. Stai sana. Tua Madre”
ARCIDUCA: Ah la strega! Non capisco perché la ra-gazza avrebbe dovuto levare le mani al cielo. Nemmeno una parola per dire se il futuro marito era giovane o cadente, bello o ripugnante, sciancato oppure orbo. E non una per chiedere la disponibilità della figlia.
BERTOLDO: Donna in malafede e grandissima mezzana quella Gonzaga. Anche lei aveva dovuto sposare un uomo scelto da suo fratello. Ma, rimasta vedova, senti come risponde ad un’amica che le propone di passare a seconde nozze:
“Non mi posso veramente pensare che fantasia vi sia venuta in capo di procacciarmi marito, carissima Stefania, non essendo ancora consunto il cadavere di chi già prima a sé di legittimo nodo mi legò, e che mi ha fatto provare tanti affanni che se divina forza non m’avesse aiutata non avrei potuto resistere a tanti guai. Iddio finalmente m’ha restituito quella libertà che m’era stata occupata dalla fraterna volontà, dandomi marito contro mia voglia, e voi, non so da quale spirito guidata, cercate di condurmi di nuovo sotto il marital giogo? Ponete pure il vostro cuore in pace, e pensate ad altro, che non ritoglierei marito s’egli fosse il più savio, il più ricco dell’universo mondo. Non voletemene, eccetera eccetera…”
ARCIDUCA: E si permette di imporre un marito alla figlia! L’umanità che orrore! Ma bando alle tristezze, ralle-griamoci un poco. Che mi dici degli amori esotici?
