ARCIDUCA: La televisione è il gran narratore di fiabe del Duemila.
BERTOLDO: Il Gatto con gli Stivali percorse mille leghe nella neve per non perdersi il quiz a premi.
ARCIDUCA: Però i quiz…
BERTOLDO: «Credi nella vita eterna e perchè? Hai 20 secondi per rispondere e attento! e la prima risposta che conta!»
ARCIDUCA: Si è diffusa enormemente, un fenomeno planetario…
BERTOLDO: C’è gente che fa figli perchè non ha i soldi per comprarsi il televisore. E altra che si compera il televisore per non fare figli.
ARCIDUCA: Tuttavia ha un vantaggio sugli altri mezzi di comunicazione.
BERTOLDO: La si guarda e non c’è bisogno di pensare.
ARCIDUCA: Quanto grande è l’influenza della televisione sul singolo?
BERTOLDO: Il singolo inteso come vidiota?
ARCIDUCA: Vidiota?
BERTOLDO: L’idiota attaccato al video: noi e con tutto il rispetto pure tu, Signore.
ARCIDUCA: La sua influenza, dunque?
BERTOLDO: Come la cronaca o la scena televisiva di un delitto finiscono per suggestionare i deboli di spirito e spingerli a loro volta a delinquere, anche le immagini dei disastri finiscono per provocare i disastri stessi.
ARCIDUCA: Sarebbe a dire?
BERTOLDO: Mandi in onda le immagini di un terremoto, di un uragano e ne provochi immediatamente un altro.
ARCIDUCA: Sciocchezze… E l’influenza della televisione sulla società nel suo insieme?
BERTOLDO: Secondo Karl Popper?
ARCIDUCA: Secondo chi vuoi.
BERTOLDO: Allora Popper, mi piace il nome, ricorda Poppea. La tv, secondo lui, è deleteria per la democrazia.
ARCIDUCA: Insomma?
BERTOLDO: Insomma potere e televisione, una stessa cosa.
ARCIDUCA: Sino a diventare, la televisione…
BERTOLDO: Il Grande Fratello. O Sorella, a piacere.
ARCIDUCA: Dobbiamo abolirla?
BERTOLDO: Guido Ceronetti, scrittore vegetariano, la definisce così: «Madre di crimini e madrina di criminali infinitamente più della droga. Toglietevelo di torno, quell’arnese maledetto. Non si può correggerlo: si può solo distruggerlo».
ARCIDUCA: Dunque chiudiamo gli Studi e facciamo saltare per aria i tralicci?
BERTOLDO: No. Costringiamo chi la fa a frequentare corsi speciali per munirsi di una speciale patente.
ARCIDUCA: Come per i camionisti?
BERTOLDO: Servirà a fornire al pubblico prodotti in cui si possa distinguere a prima vista la realtà dalla finzione.
ARCIDUCA: Chi dice questo?
BERTOLDO: Sempre Karl Popper.
ARCIDUCA: Forse perchè Popper ritiene giustamente che qualcuno scambi il telegiornale per il Festival di Castrocaro… Però la cosidetta tv-verità esiste e piace molto…
BERTOLDO: Le coppie che litigano, si schiaffeggiano, piangono e si perdonano nella cosidetta tv-verità sanno di avere puntato sulle proprie sventure l’occhio di una telecamera e ne sono condizionate. Più forte del dolore è la preoccupazione di fare brutta figura con gli amici, con i parenti a casa, con gli spettatori in sala e allora recitano. Si trasformano in attori. Ormai sono diventati più bravi di parecchi attori professionisti. Perciò viene fuori una semplice imitazione della realtà, se non una volgare mistificazione.
ARCIDUCA: Povero video!
BERTOLDO: Per capire se uno dice la verità in tv, ascoltalo a occhi chiusi. Questo il consiglio di uno studioso americano. E per capire se uno dice la verità alla radio, che devo fare? Turarmi le orecchie?
ARCIDUCA: Già, c’è sempre il dubbio che la tv non riferisca la verità.
BERTOLDO: Del resto alla sera, quando la gente esce dal lavoro, i telegiornali non possono mica dire tutta la verità: altrimenti l’indomani chi tornerebbe a lavorare?
ARCIDUCA (non capisce se Bertoldo dice sul serio o scherza e si limita a sospirare). Certo che la tv condiziona sempre di più le nostre vite.
BERTOLDO: Il problema è che nessuno ha ancora scoperto interamente il terribile potere della tv. Questo sostengono tutti i Karl Popper del mondo, gente insopportabile. Affermano che la tv è un ordigno pericoloso per chi la vede e per chi la fa. Hai un bel lavorarci per anni, se non stai attento rischi di lasciarti divorare. Guarda i conduttori…
ARCIDUCA: Una volta i conduttori erano quelli che portavano il tram, che servivano sulle carrozze-letto…
BERTOLDOO: Conduttore è la versione casareccia di anchorman, anche se le cose nell’Arciducato sono diverse da altri paesi dove l’anchorman è il direttore, produttore, regista e presentatore del programma giornalistico. Da noi sovente si limita a leggere ciò che altri hanno scritto. Il semplice fatto di trovarsi davanti alla telecamera convince molti di loro di essere i padreterni del giornalismo. E’ il moloch-tv che gli rode il cervello…
ARCIDUCA: Chissà perché mi fanno pena…
BERTOLDO: Anche a me. Ho un amico che frequenta l’ambiente e li ha studiati. Deperiscono se gli togli il video. Ci vivono abbarbicati, persuasi che senza la ritornerebbero signori, signore e signorine nessuno… Ma non solo i conduttori. Anche i presentatori, gli intrattenitori, gli showmen. La peggiore punizione non è di sospendergli lo stipendio ma di tenerli lontano dal video. Hanno l’ego tormentato, Altezza. Non sono come sembrano. Certuni e certune vanno avanti a colpi di tranquillanti, la serenità che ostentano in diretta glie la dà la farmacia.
ARCIDUCA: Almeno questi mostri sacri fra loro si amano?
BERTOLDO: Più sono famosi e più si detestano. Li vedi in pubblico. Sorrisi, pacche sulle spalle gli uomini, baci sulle guance le signore, ma appena fuori… Si controllano a vicenda, la loro lettura preferita sono i bollettini dell’Auditel. Venti o trentamila spettatori in più o in meno, e si tratta di decimali, costituiscono argomenti decisivi, armi da combattimento.
ARCIDUCA: Come fanno a sapere questi numeri?
BERTOLDO: Ci sono specialisti che sminuzzano i dati Auditel, non solo delle trasmissioni di varietà ma pure dei telegiornali, li frantumano in dettagli, servizio per servizio minuto per minuto. Sicchè è possibile sapere se quel servizio sulle sfilate di moda a Parigi è piaciuto o meno, e se durante l’introduzione l’ascolto è cresciuto o diminuito. “Marianna è affranta: nonostante il servizio da Hollywood e l’intervista scoop sulla biogenetica i suoi interventi da studio hanno perso sessantamila spettatori”. In genere i conduttori hanno turni quindicinali ma molti di loro, anche quando non lavorano e dovrebbero stare in casa ad occuparsi dei bambini, li trovi nelle redazioni e che fanno? Verificano l’Auditel, sogghignano quando il collega è calato, entrano in angoscia quando sale…
ARCIDUCA: Il mestiere li porta a questo punto?
BERTOLDO: Vengono giudicati non tanto per ciò che sono o per ciò che dicono quanto per ciò che appaiono, e allora cercano di apparire al meglio. I migliori si ammirano, si elogiano, si sopravvalutano, diventano narcisisti… Hai mai sentito, Signore, un giudizio della gente che riguardi le loro capacità professionali? La gente immagina che le loro capacità siano la bella presenza, la disinvoltura, il gesto, il modo fluente di parlare, la proprietà nel vestire, la giusta scelta della cravatta, della sciarpetta. Un corrispondente che ha attraversato per decenni le guerre di mezzo mondo, alieno, lui, dal tarlo dell’esibizionismo, al ritorno dall’Afghanistan si è sentito dire per strada da una signora: “Ah quella sua giacca a vento!” Non un cenno ai servizi realizzati, ai pericoli corsi per realizzarli. Voleva l’indirizzo del negozio. E’ anche per questo che alcuni perdono l’equilibrio…
ARCIDUCA: Ma non farei di erba un fascio… Come ci sono conduttori e giornalisti e presentantori bravi, ci sono trasmissioni intelligenti. A me piace la cosidetta candid camera…
BERTOLDO: A me no. E’ la sublimazione del voyerismo: vedere senza essere visti.
ARCIDUCA: Sei davvero un pessimista!
BERTOLDO: Secondo me il flagello della nostra epoca non è la tv ma l’assuefazione del pubblico. Però io ho un rimedio. Come per i bevitori che si vogliono liberare dal vizio sono state create le associazioni degli Alcolisti Anonimi, proporrei di fondare quella dei Teleutenti Anonimi.
ARCIDUCA: Dici che una bella dieta non guasterebbe?
BERTOLDO: Questa dieta generalizzata l’aveva proposta l’autore-conduttore di una trasmissione scientifica. Disse che per la sanità mentale l’apparecchio avrebbe dovuto restare spento un giorno la settimana. Come i benzinai chiudono la domenica e i barbieri il lunedì alla tv sarebbe toccato il martedì. Non se ne fece nulla. Comunque il programma di quel tizio andava in onda il giovedì.
ARCIDUCA: Si salveranno almeno i talk-shows.
BERTOLDO: Nemmeno loro. Anzi. Negli Stati Uniti taluni sono detti peep-shows, spettacoli dal buco della serratura, dove per mettersi in mostra gli ospiti si esibiscono con confessioni scandalose in cui dentro c’è di tutto, violenza, pornografia, incesti, turpi avventure. Li hanno anche definiti “latrine culturali”.
ARCIDUCA: (mettendosi le mani nei pochi capelli). Ma questo è masochismo puro! Hai una idea, bifolco, del teleutente modello?
BERTOLDO: Ce l’ho. Si chiama Michele. Ogni sera siede nel tinello davanti al televisore accanto alla moglie. Regolarmente la moglie si addormenta. Allora lui in punta di piedi esce dalla stanza, indossa il cappotto, scende le scale, prende l’auto, percorre la città, si ferma sotto un palazzo, sale, suona alla porta di un appartamento. Viene ad aprirgli una donna, che lo abbraccia, lo accompagna nel tinello e gli fa posto sul divano davanti al televisore. E lì rimangono, fissando lo schermo e tenendosi per mano sino a quando la donna si addormenta.
ARCIDUCA: Però ai miei tempi la tv era ben altra cosa…
BERTOLDO: Anche ai miei, Sire. Ricordi Ruggero Orlando, re dei commentatori televisivi da tutti imitato e mai eguagliato (detto anche Il Cioccolatino Ferrero, “sono il primo e resto il migliore”)? Aveva introdotto nei telegiornali italiani uno stile personale, creato durante la guerra a Radio Londra e affinato negli anni di lavoro come corrispondente da New York. Preciso, credibile, acrobatico. Parlava in diretta senza avere scritto una riga, senza avere nessun foglio sotto gli occhi. I suoi interventi erano numeri da non perdere. Come accade al circo, lo spettatore era attratto dalla sensazione di pericolo mortale che Orlando riusciva a trasmettere. Partiva rapisissimo nell’enunciare il tema (la crisi dei missili a Cuba, una battagli combattuta dagli americani nel Vietnam, una nuova conquista spaziale) e si lasciava cadere nel vuoto aggrappandosi a una sequela di aggettivi, che abbandonava per lanciarsi verso il trapezio di una parentesi, di solito lunghissima, piena di incisi e di subordinate: e mentre lo spettatore tratteneva il respiro pensando: “Adesso precipita!”, chiudeva la parentesi per volteggiare, riafferrarsi agli aggettivi, agganciarli a un’altra frase che gli si avviluppava come un pitone intorno al corpo fin quasi a soffocarlo. Ma se ne liberava, ritornava nell’abisso in cerca di un altro trapezio con una catena di congiuntivi ineccepibili che lo sosteneva nel vuoto fino all’istante in cui con il cuore in gola, temendo che una vertigine lo spingesse a sfracellarsi, la gente stava per implorare “Basta!”. E lì concludeva magistralmente il suo commento. Tutto rifiutando la rete, cioè quel suggeritore artificiale che vien chiamato il gobbo. Senza il quale la maggior parte dei conduttori televisivi italiani sarebbe costretta a dedicarsi al lavoro nei campi.
VOCE NARRANTE: Se l’Arciduca e il villano paiono infervorati nei loro discorsi, lo stesso non può dirsi dei cortigiani. Rango e obbligazione li condannano a finger di ascoltare quei vaniloqui sempre tenendosi all’impiedi. Duro mestiere il loro, anche se ben remunerato. L’Arciduca lo sa e sovente all’improvviso ne interroga uno scegliendolo a caso nel mucchio.
ARCIDUCA: (rivolto al Ministro del Business & Trade). Che cosa sostiene Popper sugli effetti della televisione?
MINISTRO DEL BUSINESS & TRADE: cadendo dalle nuvole. Popper… Gli effetti…La televisione…
VOCE NARRANTE: Alle spalle del Ministro il Dispensiere Maggiore cerca di suggerirgli una risposta ma l’Arciduca se ne accorge e s’infuria.
ARCIDUCA (al Dispensiere Maggiore): Smettila di suggerire o ti faccio tagliare una mano! E tu, Ministro, per punizione mi reciterai domani le 250 pagine del saggio “Per non morire di televisione” del meno noto H. M. Enzemberger. Se mi sbagli una sola frase vai a pascolare i mufloni in Barbagia… Che cosa volevo dire, bifolco? Ah, devo prendere provvedimenti con quelli di Salsa Rubra.