A 400 anni dalla morte finalmente lo hanno trovato: “Possiamo affermare di aver trovato i resti mortali di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio”: questa è la conclusione della ricerca presentata al teatro Alighieri di Ravenna dal Comitato nazionale per la valorizzazione dei Beni storici culturali e ambientali. Alla fine della conferenza i frammenti ossei del pittore sono stati esposti in una teca all’ingresso del teatro.
La ricerca, coordinata dal professor Giorgio Gruppioni, era iniziata dal cimitero di Porto Ercole, in provincia di Grosseto, dove si suppone che Caravaggio fosse stato sepolto nel 1610. Gli scienziati hanno datato i campioni, escludendo quelli appartenenti a donne e bambini, con l’ausilio del Carbonio 14. Hanno poi verificato se nei frammenti compatibili ci fossero concentrazioni alte di piombo e mercurio, metalli contenuti nei colori utilizzati dai pittori dell’epoca, e confrontato il dna con quello dei presunti discendenti del Caravaggio, vale a dire coloro che portavano il cognome ‘Merisi’.
Da qui l’individuazione di alcune ossa che gli studiosi ritengono essere quelle del pittore: “Utilizzando stime prudenziali – ha spiegato Gruppioni – possiamo dire che sono all’85% i resti di Caravaggio”. Lo storico Vinceti non ha dubbi: “La ricerca antropologica e le avanzate tecnologie della scienza – ha detto – fanno sì che i risultati messi a disposizione dello storico siano credibili e solidi quanto le testimonianze oculari dell’epoca”. Da qui la conclusione che, dal punto di vista della certezza storiografica, “quelle che mostriamo oggi sono le ossa di Caravaggio”.
L’intervento finale è stato affidato a Silvano Vinceti, presidente del Comitato, che ha tratto le conclusioni storiche della ricerca scientifica effettuata dall’Università di Bologna col supporto del Cedad (Centro di Datazione e Diagnostica) dell’Università del Salento e del Centro ricerche ambientali di Ravenna.
