Tra opera concettuale e volontà di riconnettersi a una concezione classica dell’arte, la Treccani Sottolio è l’ultima impresa di Benedetto Marcucci, esposta da oggi negli spazi romani del Macro e da giugno all’Istituto Italiano di Cultura di New York.
I 54 volumi della più imponente enciclopedia italiana, immersi in barattoli colmi d’olio e sigillati con la ceralacca sono allineati a enfatizzare un momento critico del sapere enciclopedico e al tempo stesso a ribadire la necessità di conservarlo. I libri sottolio nascono infatti da un’idea di Marcucci, quando, negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino, si parlava di «fine della storia».
L’artista, che ha esordito ventenne al fianco di Mario Schifano, ha dunque voluto rendere concreto quel suo sentimento verso alcuni libri emblematici della cultura italiana e internazionale. E nella necessità di conservare e di superare la tradizione, Marcucci ha fatto ricorso un’antica tecnica mediterranea.
Secondo l’artista, il libro immerso nell’olio viene addirittura esaltato, acquistando compiutamente tutto il prestigio di oggetto di culto: i colori della copertina divengono brillanti, le pagine si aprono naturalmente, percepibili una per una. Diventa insomma una sorta di reliquia. Allo stesso tempo, però, chiuso in un barattolo e sigillato con la ceralacca, non è più leggibile.
E se i libri scelti da Marcucci sono quasi sempre classici, vedendo un sottolio non si capisce se abbia un significato negativo o positivo. Un’ambiguità lasciata volutamente irrisolta e non l’unica. Infatti, nonostante i libri sottolio possano apparire un’opera squisitamente concettuale, in realtà, nelle intenzioni dell’autore, essi si riconnettono a una concezione classica dell’arte, facendo ricorso a materiali antichi: vetro, olio, carta, sughero, ceralacca.
Del resto, l’intera operazione dell’Enciclopedia Treccani è una specie di sublimazione della serie Sottoli. In quanto, nell’epoca di Wikipedia, l’enciclopedia tradizionale vive un momento critico. Ma non per questo va lasciata morire in uno scaffale, bisogna conservarlo, dice l’autore.
E in tale rapporto tra elevazione a reliquia e inattualità, fino alla paradossale impossibilità di essere letta, sta la filosofia dell’installazione di Marcucci.