PARIGI – Dai musei parigini alla spazzatura? Potrebbero essere finite così alcune te scomparse nella notte dal 19 al 20 maggio 2010 dal museo d’arte moderna della capitale francese. Quei quadri che valgono milioni sono finiti, secondo una testimonianza credibile, in un sacco della spazzatura in una strada di Parigi. Imprevedibile destino di qualche capolavoro che avrebbe potuto essere venduto per diverse decine di milioni di euro in una casa d’asta di Londra o New York e che, forse, è stato spezzettato, sbriciolato, sminuzzato da un compattatore in una discarica insieme a lattine di gasosa, sacchi di plastica, carte della pizza.
Nella notte tra il 19 al 20 maggio del 2010, un Picasso, un Matisse, un Braque, un Modigliani e un Fernand Léger sono stati rubati all’alba dal Musée d’Art moderne de la Ville de Paris, storico museo di Parigi consacrato all’arte del ‘900, situato a poche centinaia di metri dalla Tour Eiffel.
Il furto viene subito presentato dai media come una delle più grandi rapine artistiche mai eseguite nella storia recente. Il ladro – ripreso da diverse telecamere durante la sua impresa – gironzola per quasi un’ora nei corridoi del museo senza sorveglianza, avendo il tempo di apprezzare e scegliere gli oggetti della sua cupidigia. Un’incredibile miscela di circostanze trasforma quello che doveva essere il furto rapido di una sola tela, in uno “shopping” il cui costo totale, per le casse dello stato, è di almeno 100 milioni di euro, senza contare i danni incalcolabili al patrimonio culturale, quello senza prezzo, dell’umanità.
Dopo diversi mesi di inchiesta, la polizia di Parigi è riuscita ad individuare i tre presunti colpevoli nella dinamica del furto. Autore materiale del furto sarebbe stato Vrejan T., serbo di 43 anni, dal soprannome parlante «l’uomo-ragno», conosciuto dai poliziotti per le sue capacità acrobatiche e per il suo amore per gli oggetti d’arte, già condannato per diversi furti. Quando la polizia lo accosta davanti il suo appartamento a Montreuil, alla periferia di Parigi, «l’uomo-ragno» sta scaricando dei sacchi riempiti di macchine fotografiche, buoni del tesoro venezuelani, quadri antichi, gioielli in oro e libri rari.
Incarcerato e accusato dalla polizia per il furto al Museo d’arte moderna, il serbo finisce per confessare e racconta la sua folle notte al museo. Avendo giudicato il sistema di sicurezza inefficace, l’Arsenio Lupin dell’est, dopo aver effettuato vari sopralluoghi, decide di rubare un quadro di Fernand Léger, «Les Disques dans la ville», situato vicino alla finestra.
Per avere accesso al museo, un edificio che trabocca di tesori dal valore inestimabile, bastano un po’ di liquido sverniciante, un cacciavite elettrico ed un seghetto. Quando Vrejan entra dentro il museo scopre che un altro quadro si trova al posto di quello prescelto. Senza esitare estrae comunque il suo taglierino, seziona la tela e ritorna alla sua macchina. Poi, ci ripensa. L’allarme, non può fare a meno di notare, non ha suonato, non sta suonando. Vrejan ritorna dunque indietro, ed inizia a scegliere con cura, per quasi un’ora, i dipinti che più lo toccano. Alla polizia dirà che il ritratto di Modigliani era “il quadro più bello” del museo.
La storia non finisce però qui. Perché le cinque tele finisco presso due persone del mondo dell’antiquariato parigino, oggi incolpate di ricettazione. Uno di loro, un orologiaio, dopo avere a lungo negato, confessa di avere nascosto le tele nella sua abitazione. Fatto più inquietante, dice anche di avere distrutto i quadri e di averli gettati nella spazzatura dopo essere entrato nel panico quando i suoi due complici sono stati incarcerati. Dal canto suo la polizia è ancora sulle tracce della rifurtiva, anche se lo scenario da incubo è considerato credibile. «Questo furto – non aveva senso – sospira uno degli investigatori – non c’era nessuna possibilità di rivendere dei quadri così conosciuti».