ROMA – L’inserto domenicale del Sole 24 ore del 12 giugno titolava: “Guardate c’è un nuovo Caravaggio”, ma Vittorio Sgarbi subito bolla la notizia come “una bufala”.
Il quotidiano economico parlava di un eccezionale ritrovamento in una collezione privata spagnola di un quadro del Merisi, su indicazione della storica dell’arte Silvia Danesi Squarzina, massima esperta della Collezione Giustiniani di Roma. Si tratterebbe di un olio su tela raffigurante “Sant’Agostino nello studio” che, scrive il Sole, corrisponderebbe “esattamente” al quadro commissionato a Caravaggio dal marchese-collezionista Vincenzo Giustiniani che lo fece schedare come opera del Merisi nell’inventario di Casa redatto nel 1638.
La presunta super scoperta però non ha convinto Vittorio Sgarbi che dalla prima pagina del quotidiano “Il Giornale” ha replicato così: “Mi sono compiaciuto della bella notizia finché non ho visto l’immagine pubblicata a tutta pagina sulla copertina dell’inserto, fortunatamente, in questo caso, dimidiato; ma abbastanza leggibile per capire che, nonostante il generoso entusiasmo di Silvia Danesi Squarzina, si trattava di una «bufala»”.
Poi, scrive il critico rivolgendosi alla sua collega: “Come sa bene Silvia Danesi Squarzina, il primo documento sono le opere, e la storia dei dipinti è piena di sorprese che non corrispondono ai riscontri pur seducenti. E il più convinto sostenitore del primato delle opere sui documenti è proprio il massimo studioso di Caravaggio: Roberto Longhi, che avrebbe sorriso osservando l’impietosa immagine del «nuovo Caravaggio ». Dall’ambientazione in una biblioteca al cappello cardinalizio, al volto pateticamente inespressivo, tutto nel dipinto parla di un pittore molto diverso da Caravaggio e operoso alcuni decenni dopo. Anche l’aspetto più notevole, cioè quello del libro di piatto sullo scrittoio, richiama piuttosto il gusto di Bartolomeo Cavarozzi o di Pietro Paolini, titolari di una anche leziosa maniera caravaggesca”, spiega.
Per lui dunque si tratta solo di “suggestive coincidenze e il riferimento di un S. Agostino a Caravaggio non esclude che nella collezione Giustiniani vi fosse un S. Agostino di altro autore. Inutile osservare che anche le dimensioni non corrispondono alla descrizione del 1638: è sufficiente accostare il volto inespressivo del santo in lettura con altre analoghe teste certamente di Caravaggio come quella di S. Matteo che impara a leggere coll’assistenza dell’angelo nel dipinto perduto a Berlino, che era la prima versione della pala d’altare della cappella Contarelli in S. Luigi dei Francesi, opera che, ad assecondare gli argomenti della Danesi, è dello stesso momento del sant’Agostino; o la nobile ed espressiva testa del S. Giuseppe nella Fuga in Egitto della galleria Doria Pamphilj, per non scendere agli intensi S. Gerolamo della galleria Borghese o di Montserra”.