ROMA – Nove treni diesel IC 4 prodotti dall’Ansaldo-Breda, del gruppo Finmeccanica, sono stati fermati dalle ferrovie danesi perché non frenavano. E in Danimarca, di questi treni made in Italy, ce ne sono altri 33. Un esempio emblematico, secondo Giorgio Meletti, di quello che lo stesso cronista del Fatto Quotidiano definisce “Disastro Finmeccanica”.
Nell’articolo del giorno scelto da Blitz Quotidiano, Meletti ricorda che, visto l’esempio danese, non c’è da stupirsi se la società di Pier Francesco Guarguaglini ha approvato i conti dei primi nove mesi in negativo, tanto che il titolo in Borsa ha perso il 20 per cento in una seduta.
“Un’azione Finmeccanica, scrive Meletti, vale oggi 3, 57 euro. Due anni fa ne valeva 12, 7, il che significa che il brillante management si è fumato il 70 per cento del valore. Il 30 per cento delle azioni con cui lo Stato controlla il gruppo vale oggi in Borsa 600 milioni di euro, meno della Geox, la scarpa che respira. Chi pensasse a un gioiello da privatizzare per aggiustare i conti pubblici si deve rassegnare: ormai stiamo parlando di bigiotteria”.
Ricorda ancora Meletti: “Apprendiamo dalla relazione sui primi nove mesi che i pezzi costruiti da Alenia per il B 787, il nuovo gigante dei cieli della Boeing, sono stati trovati dal committente ‘non conformi’. La Finmeccanica ha messo in conto una richiesta di danni da 161 milioni di euro, ma non fa sapere se per questa bella impresa sia caduta qualche testa. E non è finita. Tocca anche leggere che per la fornitura alla Boeing di questi ‘stabilizzatori di coda’ qualche genio del management ha contrattato un prezzo non remunerativo. Tradotto: onorare la prestigiosa commessa costerà alla Finmeccanica una perdita di 592 milioni di euro”.
Una parola di apprezzamento Meletti la spende nei confronti dell’amministratore delegato Giuseppe Orsi, “ormai in guerra aperta con il presidente Pier Francesco Guarguaglini”: “Orsi prende tutta l’immondizia che il suo predecessore Guarguaglini teneva accuratamente nascosta e la tira fuori, per dire al mercato e all’azionista di riferimento (il governo): ‘Guardate che porcheria mi hanno lasciato’.”
Per questo i conti al 30 settembre evidenziano ricavi in calo del 5 per cento rispetto a un anno prima, e il passaggio da un utile netto di 321 milioni a una perdita di 767 milioni, una perdita totale di un miliardo di euro.
“In attesa di eventuale privatizzazione, infatti, la Finmeccanica ha pensato bene di fare contenti gli azionisti con il dividendo, vendendosi un pezzo di azienda per pagarlo. E dimenticando che prima degli interessi dell’azionista vengono quelli dell’azienda e dei suoi dipendenti. Per chi non lo sapesse questo non lo dice Karl Marx o la Fiom, ma il codice civile. Adesso che piove sui conti, Orsi ha pensato bene di vendersi qualcos’altro. Dismissioni per 1 miliardo di euro, ha annunciato, e in pista di lancio c’è proprio l’Ansaldo-Breda, che ha il suo principale stabilimento, e un bel pezzo di indotto, a Pistoia”.
“Oggi i metalmeccanici della città toscana scioperano per un’ora, e anche il sindaco Renzo Berti è in agitazione. La fine è già scritta. La mala gestione sarà pagata dai lavoratori con la disoccupazione, e l’Italia perderà anche la tecnologia dei treni. Mentre si consumano questi drammi industriali, i manager sono in guerra tra loro. Guarguaglini, che è rimasto presidente della Finmeccanica, non ha partecipato al consiglio d’amministrazione che ha approvato i conti disastrosi della sua gestione. E medita vendetta, sperando che nel nuovo governo Monti entrino due suoi storici alleati come Giuliano Amato e Gianni Letta. Già, perché sarebbe impossibile capire il disastro Finmeccanica senza ricordare in che cosa è stato impegnato Guarguaglini gli ultimi due anni: il coinvolgimento nel-l’inchiesta Mokbel-Cola, nella quale è risultato estraneo, la moglie Marina Grossi (capo della controllata Selex sistemi Industriali) indagata per corruzione nell’inchiesta Enav; una estenuante guerra per difendere la poltrona dagli attacchi (veri o solo presunti) di Flavio Cattaneo di Terna. Partite impegnative. Ma nel frattempo chi si occupava di far andare bene l’azienda? A giudicare dai risultati, nessuno”.
