Geronzi, le verità: Statera su Repubblica, De Paolini sul Messaggero

Geronzi, le verità: Statera su Repubblica, De Paolini sul Messaggero

ROMA – Esce Confiteor, il libro intervista di Cesare Geronzi, intervistato dal giornalista del Corriere della Sera Massimo Mucchetti. Nel libro il banchiere parla della sua esperienza a Generali, ma anche di Berlusconi, Monti, D’Alema, Draghi e tanto altro.

Diversi giornali si sono occupati del libro, in particolare Repubblica (a firma di Alberto Statera) e Il Messaggero (a firma di Osvaldo De Paolini) hanno dedicato intere pagine all’uscita editoriale.

Ecco alcuni stralci dell’articolo di Statera:

Mario Monti? Un Cincinnato; Giulio Tremonti? Un uomo “molto capace, capace di tutto”; Gabriele Galateri ? “Un piumino da cipria, un presidente di campanello”. Alberto Nagel e Renato Pagliaro? “Inadeguati”; Paolo Mieli? “Un’eclatante delusione”…

Berlusconi

Geronzi, che vanta di aver detto anche dei no a Berlusconi. Nel 2003 bisogna decidere il dopo Maranghi alla presidenza di Mediobanca. In casa di Salvatore Ligresti a via Ippodromo, oltre a Geronzi, ci sono Profumo, Tronchetti Provera, il notaio Marchetti, Tarak Ben Ammar, Bollorè.

A un certo punto arriva anche Ennio Doris, cui squilla subito il cellulare: “Cesare ho in linea Silvio, ti vuole parlare”. Silvio propone Bruno Ermolli, il suo Gianni Letta milanese, presidente di Mediobanca. E Cesare, a quanto racconta, gli risponde che non si può, perché Ermolli è un suo collaboratore: “Gli spiegai che c’è sedia e sedia, ma Berlusconi non coglieva la delicatezza di certe situazioni”.

Neanche quando cercava di fargliela capire Enrico Cuccia in persona che per superare il conflitto d’interessi gli suggerì dopo la discesa in campo due rimedi: sostituire tutta la prima linea manageriale con nuovi dirigenti presi dal mercato e far rinunciare alla Fininvest ai diritti di rappresentanza nel consiglio Mediaset, affidando a una fiduciaria il 60 per cento del capitale…

Monti

“Faccio notare che oggi, grazie all’articolo 36 del decreto Salva Italia del governo Monti, rivenduto dalle solite anime belle come un gran progresso, Doris è dovuto uscire dal consiglio di Mediobanca perché siede anche in quello di Mediolanum, ritenuta concorrente dai burocrati. Al suo posto nel consiglio di Mediobanca, è finalmente entrato Ermolli”.

All’ex banchiere di Sistema, Monti non va proprio giù. Intanto dice che è molto più politico del politico professionista Massimo D’Alema, di cui traccia affettuose iconcine. E poi gli rinfaccia, tra l’altro, non solo di non aver inciso sulle protezioni dei centri di potere della finanza e di non saper proporre una politica industriale, ma soprattutto di non aver toccato l’alta burocrazia e quegli apparati, compresi gli alti gradi delle forze armate e dei servizi, in cui si annidano “legami e solidarietà trasversali, che si connettono con la politica e l’accademia, con ampie relazioni, specialmente nel mondo anglosassone”…

Massoni

Ma dimentica che gran visir di quell’intreccio perverso di alta burocrazia e politica, di legami e solidarietà trasversali non è altri che il suo carissimo amico Gianni Letta e che il piduista e piquattrista Luigi Bisignani…

Draghi

E Draghi? Altro che Monti. Gli spread sono calati non certo dopo i vari Salva, Cresci, Semplifica, Sviluppa Italia. È Draghi che merita la riconoscenza del Paese e dell’intera eurozona. Peccato che in passato sia stato strumentalizzato da quell'”eclatante delusione” dell’ex direttore del Corriere della Sera. “Acquisita la mia sfiducia verso di lui”, racconta Geronzi, “Mieli riscopre la Banca d’Italia e arma un missile in prima pagina contro i banchieri…

Tangentopoli

Questo è invece un estratto dell’articolo del Messaggero, che cita uno stralcio del libro riferito a Tangentopoli:

“Trovo inaccettabile questa storia della Banca di Roma al servizio della politica. Ma insomma, Tangentopoli mi pare sia stata edificata a Milano! E queste banche del Nord, che ci facevano la morale tutti i santi giorni, non hanno forse fatto strage di amministrazioni locali in tutta Italia spacciando derivati a poveri sindaci e governatori ignari? Non hanno forse prestato miliardi a spericolati speculatori di Borsa e a immobiliaristi che non sono certo migliori di altri solo perché investono in Lombardia? E quei banchieri l’hanno fatto così, per sbaglio, o perché avevano un tornaconto nei bonus legati agli utili di fine anno che in quel modo potevano pompare”. Difficile dargli torto. Almeno in questo.

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Alberto Francavilla