Giampaolo Pansa dedica una analisi alla situazione del “caro Partito democratico, un vero pozzo di sorprese” e, ricorrendo ai riferimenti ad animali intorno ai quali ha costruito il suo Bestiario, si occupa del “Castoro”, “una vecchia conoscenza” di Pansa, “incontrato all’inizio degli anni Settanta […] a Firenze [nel corso di un reportage sul potente Pci della città”.
Il Castoro di Pansa si chiama Michele Ventura, nato a Sesto Fiorentino nel dicembre 1943- Ricorda Pansa: “Era uno dei giovani funzionari della federazione comunista. Aveva soltanto la licenza elementare, però mi sembrò proprio in gamba. I compagni gli avevano affibbiato quel soprannome per via dei dentoni che sporgevano dalle labbra. Ma lui non se la prendeva. Anzi sorrideva sempre, con occhiate allegre, per mettere a proprio agio il cronista borghese, per di più del giornale di Agnelli”. Pansa all’epoca scriveva per la Stampa di Torino, che è proprietà della Fiat.
Pansa, così prosegue il suo racconto, scopre ora che “Ventura, arrivato alla soglia dei 67 anni, è uno dei soggetti da rottamare, in quanto deputato da troppe legislature. I rottamatori sono una banda di giovanotti democratici, guidati dal sindaco pidì di Firenze, Matteo Renzi. Vogliono tagliare la testa ai vecchi capi del partito, in sella dall’epoca della Falce e Martello. Lo sconquasso minaccia di diventare drammatico, dopo la Convention di Renzi & C.”.
“Tra finti giovani e anziani ben collaudati”, nota Pansa, “il Pidì è ripiombato nel marasma. Proprio quando il Caimano di Arcore sembrava sull’orlo di un inferno affollato di belle diavolesse minorenni. Per di più, il disordine che minaccia il povero Bersani giova al suo competitor, Nichi Vendola. Il governatore della Puglia si è guadagnato addirittura una copertina dell’Espresso, di profilo e con l’orecchio sinistro bene in vista, ornato di orecchino con brillantini”.
Pansa, che del settimanale è stato condirettore, osserva che “a corto di idee, il vecchio rotocalco si è inventato “La forza dell’orecchino” e ha mandato a Bari” Denise Pardo, che “ha raccolto la seguente esternazione politica del cattivissimo Vendola: «L’orecchino è un simbolo che attraversa culture ed ere epocali. Il ciclo semantico legato all’orecchino ha evoluzioni storiche paradossali, zigzaganti. In un’epoca diventa simbolo di effeminatezza, benché nell’epoca immediatamente precedente fosse un simbolo di virilità. È l’immagine degli zingari, quindi di un machismo anarchico e vitale. I pirati portavano l’orecchino…»”.
Fantasie? si chiede Pansa. Risposta: “Mica tanto. Proprio in quei giorni, il Pidì si trova fra le mani la prova che il pirata Vendola gli sta rubando voti su voti. È un sondaggio che il magico Pagnoncelli dell’Ipsos, il vero mattatore del noioso Ballarò, offre gratis alla Ditta Bersani. Il Partito democratico è in forte ribasso e sta appena al 24,2 per cento. I suoi presunti alleati, invece, mostrano i muscoli”: Antonio Di Pietro vale l’8,3 per cento e “Nichi Orecchino”, con il suo nuovo partito, “Sinistra ecologia e libertà”, raggiunge il 6,1, una decimale in più dell’Udc di Casini, fermo al 6 per cento.
Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani “è disperato”: le correnti si moltiplicano, c’è chi, come Walter Veltroni e gli ex democristiani, minaccia di andarsene, mentre “i rottamatori vogliono spaccare tutto”.
Così Bersani propone “di formare un unico gruppo parlamentare, chiamato Nuovo Ulivo, che tenga insieme democratici, dipietristi e vendoliani. Ma la proposta viene accolta da fischi unanimi”. Poi esce con l’idea “di portare in piazza il popolo del Pidì. Quando? Non si sa. Le variabili sono troppe. Gianfranco Fini staccherà o no la spina a Berlusconi? Il Caimano si ribellerà al governo tecnico? Bossi spingerà alla rivolta le guardie padane? «Se non succederà nulla di positivo» dice Bersani al superpartito di riferimento, Repubblica, «toccherà a noi far ballare l’orso»”.
Per ora, però, nota amaramente Pansa, “a ballare, anzi a traballare, è proprio il povero Pidì. Mi ha colpito, sulla Stampa del 5 novembre, una notiziola da Alessandria, ex capoluogo rosso. Il congresso cittadino del Pidì è saltato perché non c’è accordo sul numero dei circoli, sul loro valore politico, sul meccanismo per eleggere il coordinatore democratico”.