“La solita Italietta con il Dna traditore”, Angelo d’Orsi sul Fatto quotidiano

ROMA – Libia da una parte e Italia dall’altra: Tripoli è bombardata dall’amica o ex amica Roma. Fino a qualche mese fa Silvio Berlusconi e Muammr Gheddafi si stringevano la mano, si abbracciavano, facevano pranzi insieme nel nome del trattato di amicizia. Poi l’Italia ha deciso di cambiare strategia, ha deciso di accodarsi ai Paesi che vogliono spodestare il rais.

Blitzquotidiano vi propone come articolo del giorno l’analisi di Angelo d’Orsi sul Fatto quotidiano: “Lo sconcertante voltafaccia del governo italiano verso quello che è tuttora il legittimo governo in carica in Libia, il “tradimento” personale di Silvio nei confronti di colui che fino a pochi giorni or sono non si intendeva “disturbare”, il caro amico Gheddafi, ha lasciato di stucco larga parte non solo dell’opinione pubblica nazionale, ma delle stesse diplomazie internazionali. E, di sottecchi, molti hanno riso dell’Italietta pronta a cambiar linea di politica estera ad ogni stormir di fronda”.

L’Italia ha voltato le spalle all’amico Gheddafi in un tiro di schioppo, ma è in linea con la storia, scrive il Fatto: ” Stretta, da decenni, in un patto che pareva solidissimo con l’Austria e la Germania, l’Italia del 1914, davanti allo scoppio delle ostilità, mentre dichiarava la propria neutralità, tramava segretamente con i nemici, in cerca di un buon ingaggio nella coalizione anti-austriaca. La cosa ebbe poi esito, e fu l’Intervento italiano. Dei tanti entusiasti laudatores di quella scelta bellicistica, nessuno si preoccupò degli alleati, che venivano traditi, anzi, nessuno se ne ricordò. Lo stesso accadde, come è noto, nel 1943: il 25 luglio, “la guerra continua”, dichiarava il Maresciallo Badoglio, al fianco dell’alleato germanico; ma l’8 settembre, ecco il salto della quaglia, quando ormai i tedeschi avevano invaso il Paese, giustamente diffidenti verso gli italiani. Che, dissolto l’esercito, poterono dare poco alla causa di liberazione nazionale, se non fosse stato per i renitenti e disertori divenuti partigiani: e toccò a loro, ai “ribelli” o “banditen”, salvare quel che rimaneva della dignità di un Paese. E dire che quando era entrato in guerra, nel giugno ’40, accanto ai tedeschi guidati da Adolf Hitler, quel Paese aveva scordato, stranamente, le ingiurie rifilate ai “crucchi” nel 1914-18, e si era inneggiata all’incrollabile amicizia dei due popoli, che ora si trovavano uniti nella catastrofe, ma l’Italia, a differenza della Germania, ne usciva a testa alta proprio grazie a chi si era gettato coraggiosamente nel fuoco della lotta. Morte della Patria, dunque, l’8 settembre?”

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