RUVO DI PUGLIA (BARI) – Volevano investire nelle biomasseĀ e creare nuovi posti di lavoro, ma la burocrazia, stavolta targata Regione Puglia li ha bloccati: la storia di due imprenditori pugliesi nel settore della floricoltura insegna ancora una volta come spesso la burocrazia blocchi le imprese in Italia. Uno dei due fratelli ha scritto una lettera al Sole 24 Ore per denunciare la sua storia.
Lui si chiama Alessandro Pagano ed ĆØ di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari. La Florpagano aveva deciso dal 2005, in concomitanza con l’aumento del costo del gas, di investire nelle energie alternative. Oltre al fotovoltaico, il progetto prevedeva la costruzione di una centrale a biomasse. Tutto sembrava volgere per il meglio finchĆ© un regolamento regionale del 2010 ha bloccato l’azienda, perchĆ© l’azienda dista meno di un chilometro dal centro abitato.
Ecco l’email che Alessandro Pagano ha scritto e che ĆØ stata pubblicata sul Sole 24 Ore del 20 ottobre 2012.
Conduco con mio fratello l’azienda florovivaistica fondata oltre 45 anni fa da mio padre. Siamo specializzati nella produzione di piante d’appartamento e in particolare siamo l’unica azienda del sud Italia che produce orchidea phalaenopsis in vaso. Il nostro principale concorrente ĆØ l’Olanda, dal momento che in Italia sono poche le aziende specializzate nella produzione di tali specie. Giusto per dare un numero significativo, in Italia si commercializzano circa 18 milioni di orchidee, ma soltanto 2 milioni sono prodotte da aziende italiane. Le restanti 16 milioni arrivano dall’Olanda.
Nel nostro settore siamo sempre stati visti come un’azienda all’avanguardia. Ma veniamo al vero motivo per il quale sto scrivendo questa e-mail. Tra il 2005 e il 2006, quando il prezzo del gas aumentĆ² del 50% rispetto al 2002, abbiamo iniziato a pensare seriamente a un’alternativa al fossile. Ć stata quindi messa in atto una duplice strategia di investimenti. In primis, sono stati effettuati una serie di interventi straordinari all’interno dell’azienda per il contenimento dei consumi energetici, tanto da ridurre del 25% il consumo di gas metano nel periodo 2006-2008. Il secondo investimento previsto, invece, consisteva nella realizzazione di una centrale a biomasse in assetto cogenerativo, che avrebbe azzerato integralmente i costi di produzione legati al riscaldamento ed all’energia elettrica, che attualmente incidono per oltre il 15% sui costi totali di produzione.
Inoltre, dato che vi erano le condizioni (finanziarie e autorizzative) per poter realizzare una centrale a biomasse che avrebbe garantito il riscaldamento per circa 70mila metri quadrati di superficie, si ĆØ ben pensato di ampliare l’azienda, che ĆØ passata nel 2009 dai precedenti 40.000 m2 agli attuali 65.000, in modo da poter utilizzare al massimo l’acqua calda prodotta.
Nel 2006 abbiamo avviato l’iter per la realizzazione del nuovo insediamento produttivo. A settembre 2009 eravamo a pieno regime. Nel 2007, invece, abbiamo iniziato quello per la realizzazione della centrale a biomasse, che purtroppo si ĆØ concluso con un nulla di fatto soltanto nel luglio 2012. Ottenuta la deroga dal consiglio comunale nel luglio 2009, ai fini dell’autorizzazione finale occorreva avere il parere della Provincia e dell’Arpa Puglia per quanto riguarda le emissioni in atmosfera e le ricadute al suolo. Tale richiesta ĆØ stata formulata nel dicembre 2009 e si sarebbe dovuta concludere entro aprile 2010. Invece l’iter procedurale ĆØ iniziato soltanto nel dicembre 2010, per concludersi positivamente nel luglio 2012. A questo punto tutto sembrava concludersi per il meglio, ma un subentrato regolamento regionale (del 30 dicembre 2010) ci impedisce di realizzare il tutto perchĆ© ci troviamo a meno di 1 km dal centro abitato. Quanta rabbia! Il 30 dicembre 2010, quando ĆØ subentrato tale regolamento, che perĆ² esclude l’applicazione retroattiva, l’impianto avrebbe dovuto essere giĆ in funzione, dato che Provincia e Arpa avrebbero dovuto esprimersi al massimo entro aprile 2010!
Cosa avrebbe comportato questo impianto? In breve: la salvaguardia dei posti di lavori attualmente occupati all’interno della Florpagano; la creazione di almeno 15 nuove unitĆ lavorative tra quelle necessarie alla raccolta delle biomasse e quelle utili per la gestione dell’impianto; il riscaldamento delle serre e la produzione di energia elettrica mediante combustione delle potature di ulivo e non mediante fossili; la riduzione a zero delle emissioni di CO2; l’abbassamento rapido delle esposizioni finanziarie e quindi una maggiore redditivitĆ e produttivitĆ dell’azienda; la totale indifferenza di fronte ai continui aumenti dei costi del gas metano e della energia elettrica, che quotidianamente siamo invece costretti a subire sia in azienda che nelle abitazioni.
In altre parole, anzichĆ© trovarci un cash flow positivo di circa 400.000 euro derivante da questa operazione, che avremmo potuto reinvestire in azienda o in altre attivitĆ (piĆ¹ spesa ĆØ uguale a piĆ¹ occupazione), ce ne troviamo uno negativo di circa 800.000 euro, tra costi energetici e mutui. E per un’azienda familiare che fattura quasi 5 milioni di euro, sono veramente tanti !
Forse, nel 2007, anzichĆ© pensare ad investire nella produzione (nuovo insediamento di 25.000 metri quadri) avremmo fatto meglio ad ascoltare un consulente che ci diceva: Ā«con gli stessi soldi, fate un bell’impianto fotovoltaico e vi garantite il reddito per le vostre famiglieĀ». Avremmo avuto soltanto il fastidio di diserbare il campo due volte l’anno!
Ma nel 2007, io avevo 31 anni io e mio fratello 24, e ci sembrava ridicolo dover rinunciare a lavorare per i successivi 20 anni solo perchĆ© l’impianto fotovoltaico ci procurava un reddito, quando al contrario avevamo un progetto basato sul lavoro e che mirava a farci diventare l’azienda di riferimento per le orchidee nel centro-sud Italia.
Spero di non dovermi mai pentire di questa scelta.
Oggi, la voglia quotidiana di continuare a battersi ĆØ tanta ma la paura di incrociare nuovamente queste situazioni ĆØ purtroppo anche maggiore. E non ci sono piĆ¹ le condizioni per poter sbagliare !