“Arrivo a New York e faccio qualche telefonata ad amici che conoscono e guardano all’Italia. Da questo giro esco esausta. Tutti, dico tutti, mi rivolgono la stessa domanda: mi spieghi cos’è il bunga bunga? Quanto spende il vostro premier per le ragazze che animano e agitano le sue serate? Faccio finta di non capire ma realizzo che non si tratta solo di domande pettegole in cerca di gossip pruriginoso d’oltreatlantico. Il fatto è che gli americani guardano alla nostra politica come a un teatrino di caricature di gomma, dove la realtà è dilatata a tal punto da diventare altro da sé. Non cerco indulgenza, profondamente rammaricata che di noi s’avverta un aspetto che in effetti deflagra, ma che speravo non nutrisse tante analisi e discorsi. «Siamo stupiti del vostro stupore; qui non c’è meraviglia per quel che sta succedendo. Noi lo abbiamo sempre visto e saputo» mi dice Krista Ericksson, una quarantenne in carriera che ha abitato a lungo in Italia e che ora scrive del nostro paese per il New York Times”. (…)