Lo scrive il Wall Street Journal e ci apre l’edizione di sabato del suo sito internet. La fonte è più che autorevole: il giudice John Paul Stevens, della Corte Suprema americana. Stevens è il giudice più anziano, “impegnato”, dissenziente da giovane, “liberal” dicono negli Usa, di sinistra diremmo noi; molto autorevole in età più che matura, 88 anni.
La sentenza di Stevens è che Shakespeare era solo un prestanome. Il vero autore di commedie, tragedie e sonetti era Edward de Vere, diciassettesimo lord Oxford. Che Shakespeare non fosse lui è una tesi vecchia di secoli, che ha avuto autorevoli sostenitori del tipo di Oscar Wilde e Orson Welles.
Non tutti i seguaci di questa teoria puntano però sullo stesso nome. Oltre a lord Oxford, un altro nome con forte credibilità è quello di sir Henry Neville (tesi di due studiosi, Brenda James e William Rubinstein, nel libro “The truth will out”, la verità verrà fuori, giochetto di parole su nome di Shakespeare, William, e will, che gira i verbi al futuro).
Con un certo seguito, in passato, c’era anche stata la candidatura di sir Francis Bacon, filosofo, giurista, uomo politico. Ancor oggi vi sono accaniti sostenitori della sua identitificazione shakespeariana.
L’articolo del Wall Street journal e la fonte Corte suprema donano autorevolezza al nome di de Vere.
Perché, se era un personaggio così importante, nascondersi dietro il nome di un attore, peraltro vivo e vero? Proprio perché era in vista, era più esposto alle vendette dei potenti di un’epoca in cui, se ti andava bene, ti tagliavano la testa, ma potevano anche bruciarti vivo solo per le preghiere che dicevi. C’era molta gente suscettibile, soprattutto la regina, Elisabetta I, e il suo primo ministro, William Cecil, lord Burghley, del quale peraltro de Vere aveva sposato la figlia. (Ironia della sorte, l’attuale discendente dell’allora potentissimo Cecil è stato spogliato del titolo di lord ereditario da un borghese, per giunta socialista, Tony Blair, durante la recente riforma della Camera dei lord).
Le opere di Shakespeare sono piene di riferimenti a fatti e personaggi del tempo, che oggi sfuggono al normale spettatore, ma sono la base degli argomenti usati dagli specialisti.
Altri argomenti: come faceva l’attore a conoscere nei dettagli quella parte d’Italia che oggi si chiama Nord-est (Venezia, Verona) con tanto dettaglio, lui che il più lungo viaggio della sua vita lo aveva fatto da Stratford a Londra? De Vere, come altri nobili inglesi, era stato in Italia, anzi aveva abitato a Venezia, teatro di uno dei suoi capolavori, e aveva anche preso a prestito denaro da qualcuno, a Venezia, che gli era poi servito da modello per il personaggio di Shylock. Questa è la tesi sostenuta, nel 2005, da Mark Anderson, nel libro “Shakespeare by another name” (Shakespeare con un altro nome).
Come poteva avere letto i tanti libri che trasudano nelle opere di Shakespeare, uno che era figlio di un analfabeta? Il padre di Edward de Vere aveva una biblioteca di oltre 300 volumi; e aveva anche la passione del teatro al punto da mantenere (oggi diremmo sponsorizzare) una compagnia.
L’articolo di Jess Bravin è proposto come articolo del giorno.