Continuava a dimagrire, a perdere sangue e a vomitare un anno e mezzo dopo il parto cesareo. Rosaria Scorsone, 36 anni, casalinga, proprio non riusciva a trovare una spiegazione plausibile ai dolori che la accompagnavano costantemente nel delicatissimo periodo post-gravidanza. Diciotto mesi dopo, una radiografia ha svelato il mistero: i medici avevano dimenticato un tubo dentro l’addome.
«È stato un incubo», racconta la sfortunata signora. «Ormai pensavo di avere un male inguaribile. Non ho dormito una sola notte dal giorno che ho partorito. Non ho goduto della gioia di questa nascita».
L’incubo era reso ancor più grave dal tormento psicologico di non sapere l’esatta causa di questi dolori. Per mesi infatti Rosaria aveva continuato a frequentare il Buccheri La Ferla di Palermo, in perpetuo pellegrinaggio verso il reparto di gastroenterologia, con la speranza di poter svelare finalmente quale insondabile mistero stesse consumando il suo addome.
Non era il primo figlio per Rosaria e il marito Pietro Giglio, 43 anni, muratore. Era però la prima volta che la donna sperimentava un recupero dal travaglio così feroce nella sua intensa agonia. «La notte era un tormento, sentivo qualcosa che premeva sul fianco. Andavo avanti con gli antidolorifici, sotto il consiglio del medico. Mangiare era impossibile».
Sono così iniziati i viaggi verso l’ospedale, dove però i medici si grattavano la fronte, senza riuscire a ricomporre il puzzle diagnostico. Dopo 18 mesi di controlli e una incerta terapia a base di antidolorifici, finalmente una parente di Rosaria si è decisa ad accompagnarla al reparto di radiologia, dove è stata accertata la presenza di un tubo di drenaggio nello scavo pelvico.
La coppia ha confessato di non essere arrabbiata con i medici, augurandosi però che questa storia sia stata loro d’insegnamento, per evitare che l’errore si possa ripetere in futuro.
*Scuola di giornalismo Luiss