
ROMA – Qualche giorno fa il ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge ha sostenuto che non esista la correlazione tra immigrazione clandestina e reati. Il quotidiano Libero, di destra, sostiene invece che i dati la smentiscono perché “gli immigrati ne commettono di più”.
Al netto delle ideologie, certo il dato deriva da una condizione naturale: se sei clandestino, hai difficoltà a trovare lavoro, a essere pagato, quindi non hai soldi e quindi è più facile che tu possa commettere reati.
E’ anche vero quello che sostiene la Kyenge, ovvero l’obiettivo dell’integrazione porterebbe a una riduzione dei reati. Se un clandestino viene regolarizzato, riesce a trovare lavoro avrà meno motivi per delinquere.
Ovviamente non viviamo in un mondo fatato, per cui la relazione tra causa ed effetto non è così immediata e automatica. Perché è fisiologico che ad ogni ondata di immigrazione corrisponda una forte concentrazione di reati, derivanti sempre dalla povertà e dalla difficoltà di trovare lavoro.
E’ vero quindi che integrando si combatte la criminalità sul momento, ma è anche vero che serve regolamentare le entrate, altrimenti si è da capo a dodici, come si dice.
