Consiglio per la sicurezza nazionale? Risposta: c’è già ma non basta, tipico esempio di pasticcio italiano

Avete sentito del vagheggiato Consiglio per la sicurezza nazionale? Risposta: un tipico esempio di pasticcio italiano.
Qualcuno ha lanciato l’idea: in un momento come questo ci vuole un organismo, un consiglio, che coordini e guidi l’Italia nei meandri del mondo. Subito un ex ministro degli Esteri (quello dei maro), ambasciatore e ora senatore dì FdI ha rilanciato: è urgente.
Il modello è quello del National security council americano. Con una fondamentale differenza. Che l’originale americano è una appendice della Casa Bianca, il National security advisor un assistente del presidente. Il più famoso a oggi fu Henry Kissinger, compare di Nixon, autore del fiasco del ritiro dal Vietnam ( leggasi No peace no honor di Larry Berman) per sgonfiare il mito.
La cosa divertente è che in Italia una simile figura già esiste: è la Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica,
ruolo svolto nel Governo Meloni da Alfredo Mantovano, figura che incute rispetto a sinistra come a destra. La sua mansione è
(Poi c’è anche il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica che però si occupa di ordine pubblico).
Un nuovo organismo preposto alla sicurezza nazionale cosa può essere?
Viene da pensare a un’altra commissione parlamentare, cioè il Parlamento in micro cosmo, esattamente l’esatto contrario di quello che serve in momenti di emergenza.
Al fondo mi resta poi la convinzione che le commissioni parlamentari servano a ben poco assai. Fu così ai tempi di Caporetto. Così è ai tempi nostri: quanti mafiosi ha fatto arrestare l’antimafia? quanti terroristi la commissione stragi? e piduisti la commissione P2. Gettoni di presenza e assunzioni tanti, risultati? un po’ di liste di prescrizione l’antimafia di Rosi Bindi.

A proposito di antimafia, non posso dimenticare i proclami di Francesco Cattanei, terzo presidente della commissione, negli anni ’60. Annunciava: sarà una polveriera! sarà una polveriera! ma non esplose mai.

Sembra un vizio italiano, il controllo del controllo del controllo, l’intreccio dei poteri e dei veti, per non fare nulla. Non è la democrazia, era così anche ai tempi di Mussolini, nemmeno lui riuscì a fare funzionare le cose. Eppure per un ventennio fu primo ministro, ministro di più dicasteri, dittatore. Era qualcosa più forte. Ha scritto un generalone che fu Ispettore superiore dei servizi tecnici dell’esercito: per ogni singolo pezzo di materiale militare, un cannone come una giberna, “era interessata una serie di commissioni (…) sei, sette enti per ogni più modesto materiale”. Così era. Così è.

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Marco Benedetto