ROMA – Da spauracchio e nemici del popolo e dei lavoratori a garanzia di ordine e legalità che piace anche a sinistra. È stata una bella evoluzione da quando, nel 1947, Giancarlo Pajetta occupava la Prefettura di Milano, la Camera del Lavoro di Livorno attaccava Prefetto e Questore simboli e terminali dell’apparato repressivo dello Stato e poi via via negli anni fino al ’58, quando Prefetto era sinonimo di repressione.
Ora Prefetto vuol dire garanzia di onestà, come spiega chi plaude alla nomina del Prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca a commissario del Comune di Roma. Per non parlare del Prefetto Franco Gabrielli, da vice di Bertolaso alla Protezione civile a salvatore del Giubileo.
C’era una forte esagerazione in quegli anni, c’è una forte esagerazione oggi. I funzionari dello Stato sono come tutti noi, sono un pezzo di questa Italia di cui condividiamo pregi e difetti, valori e disvalori. Virtù e vanità. Come dimenticare che il penultimo prefetto di Roma, Franco Pecoraro, andò via non si capì bene perché ma molti pensarono che la causa fu avere contrastato, forse un po’ troppo platealmente, le inadempienze del sindaco Ignazio Marino a cominciare dall’ordine pubblico.
Conforta che nell’apparato dei dirigenti pubblici si trovino persone capaci, competenti e oneste nonostante le umiliazioni che il potere politico infligge loro, a cominciare dalla retribuzione.
Non deve però nemmeno stupire se si verificano casi come quello di Palermo, il Prefetto Francesca Rita Maria Cannizzo, allontanato dopo lo scandalo dei beni dei mafiosi, e anche altri meno eclatanti ma mai bene chiariti, non in termini giudiziari, beninteso, ma in termini di opinione pubblica, come i rapporti fra l’ex ministro della Giustizia e Prefetto Anna Maria Cancellieri e i Ligresti.