Fabiana Luzzi e altre, vittime di femminicidio. Leggi ci sono, vanno applicate

Fabiana Luzzi

ROMA – Ai funerali di Fabiana Luzzi è andata in scena (anche) la sagra del “ognuno dica la sua”. Ovviamente lunghe file di gente realmente commossa, di parenti e amici, hanno cinto la bara. Ma anche diverse personalità pubbliche, politici, andate lì, a Corigliano Calabro, per dire qualcosa di sdegnato e poi andarsene via.

Il ministro per le Pari opportunità Josefa Idem ha ad esempio detto: “Voglio essere vicina alla famiglia per testimoniare il dolore di tutti gli italiani e le italiane per questa perdita così tragica e assurda. Sento di dover chiedere perdono a Fabiana e a tutte le donne, uccise per mano di chi abusa della parola ‘amore’. Lo Stato deve rendere più effettivo il suo impegno, essere ancora più vicino alle vittime”. E ha poi sottolineato come, mentre lei si trovava a Corigliano, la Camera dei Deputati ha approvato la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.

Tutto bene, tutto giusto, ma forse sarebbe meglio avere meno chiacchiere, meno dimostrazioni di sdegno, e più fatti. Perché le leggi per difendere le donne in Italia esistono, ma spesso non vengono applicate. Pensiamo a un uomo che perseguita una donna con telefonate, sms, appostamenti. L’allora ministro Mara Carfagna inserì nel codice penale il reato di stalking. Ma quella legge spesso non viene applicata. Quante storie di donne uccise per mano di un uomo abbiamo sentito che sono solo l’epilogo di continui atti di stalking già denunciati ma a cui non era seguito nessun tipo di tutela?

Gli strumenti ci sono ma non si applicano, appunto. Perché, essenzialmente, ma qui è solo un fatto culturale, alle donne non viene dato credito. Se una donna denuncia uno stalker al poliziotto o al carabiniere di turno la prima cosa che viene in mente è: ecco un’altra che non sopporta più il suo ex, ecco un’altra pratica da redigere e archiviare. E’ anche vero che non mancano le donne pronte a denunciare un uomo di stupro anche quando lo stupro non è avvenuto, o, ancora, pronte a tornare con il proprio uomo anche dopo aver subito violenza.

Anche qui è un fatto culturale ed è su questo punto (anche) che lo Stato deve intervenire. Intervenire sulla cultura, intervenire sulle forze dell’ordine per obbligarli a dare ascolto alle donne. Per obbligarli a pensare, ad esempio, che un atto di violenza su una donna, pur provenendo dal compagno, non è un fatto di poco conto come può essere rubare una mela. Obbligarli a credere alle donne e pensare che spesso un atto di stalking è solo il preludio di un omicidio.

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Marco Benedetto