ROMA – Franco Frattini consulente a Belgrado. A luglio già si vedeva capo della Nato. “Ho relazioni eccellenti con tutto il mondo”, si compiaceva l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini quando lo scorso luglio si auto-candidava nientemeno che alla prestigiosa carica di Segretario Generale della Nato (c’è ancora Rasmussen): non è andata così, non poteva andare così (a meno di non considerare eccellente anche il rapporto confidenziale con Luigi Bisignani), ma si può consolare, è notizia freschissima, con un incarico di consulente per le Riforme del governo di Belgrado. L’incarico è stato annunciato dal vicepremier serbo, Aleksandar Vucic: “Il suo apporto per entrare nella Ue sarà prezioso”.
Quello di Frattini, come fu già per un altro ministro degli Esteri, Massimo D’Alema (fu lo stesso Frattini a denunciare il tradimento dei socialisti europei), regolarmente segato anch’egli come ministro degli esteri Ue in pectore, non prima che anche le sue di “eccellenti relazioni” fossero esibite urbi et orbi, è un classico esempio del vizio italiano di vendere la pelle dell’orso in anticipo sulla sua cattura e di regolare all’estero i conti interni, le sistemazioni, gli incarichi.
La Serbia, il suo ruolo futuro nel contesto europeo, la normalizzazione infine della questione balcanica, sono argomenti troppo seri per ironizzare su una Belgrado cimitero degli elefanti, dei fuoriusciti eccellenti, dei trombati dall’inimitabile pedegree: diciamo che Frattini è in buona compagnia, visto che prima di lui sono stati arruolati Dominique Strauss-Kahn, l’ex direttore del Fondo monetario internazionale rovinato sulla moquette di una suite al Sofitel e l’ex cancelliere Alfred Gusenbauer, il socialdemocratico che ha guidato il governo austriaco più corto del dopoguerra.