ROMA – Allarme ciclisti. Diventano sempre più aggressivi, molesti e pericolosi. Dovrebbero essere banditi dai centri urbani e invece continuano a sfrecciare sui marciapiedi, imboccare strade affollate contromano, buttando addosso agli automobilisti come ai pedoni la responsabilità della loro incolumità. Quanto ai ciclisti, nessuno li può toccare: non sono identificabili e solo Maciste potrebbe provare a intercettarli. Sono tanto sicuri della loro anonima elusività che a Napoli un signore che andava a chiedere il pizzo aveva adottato la bicicletta per piombare silenzioso e ineludibile sulle sue vittime-.
Invece di coccolarli e guardarli con indulgenza, il Governo dovrebbe
1. Munirli di targa che li identifichi;
2. obbligarli alla assicurazione;
3. a portare il casco;
4. a non portare bambini né sulla canna davanti né sul sellino aggiunto: spesso si vedono filare nel traffico urbano biciclette con un bambino avanti, uno dietro, totalmente ignorando i rischi di un tale precario equilibrio.
È una situazione senza senso quella che ci affligge in Italia.
Invece, mentre le punte avanzate dei ciclisti prosegue l’occupazione di marciapiedi e strisce pedonali, chi manovra questa orda sta pensando di passare al contrattacco, dopo la battuta d’arresto imposta dal ministro Maurizio Lupi, che avrà avuto un debole per il figlio ma ha dimostrato grande buon senso nel bloccare quello che un anonimo ma perfido funzionario del ministero dei Trasporti aveva già dato per deciso, facendola sotto il naso a Corrado Passera.
Ora al posto di Lupi c’è Graziano Del Rio, il quale ha già esibito una visione del mondo che col buon senso e col senso comune non lega, gestendo la abolizione delle province in modo tale da renderle più costose di prima.
Inoltre Del Rio viene da Reggio Emilia mentre Lupis è di Milano: due realtà urbane agli antipodi. Anche Roma non è terra per biciclette e infatti Ignazio Marino, il sindaco ciclista, ha rinunciato alle sue discutibili esibizioni. Forse si è reso conto che insistere costituiva un incitamento pericoloso.
L’ultimo allarme viene dal fatto che l’azione della lobby dei ciclisti continua sotto traccia, mentre al Ministero dei Trasporti prosegue la elaborazione del nuovo Codice della strada.
“Il restyling del codice della strada procede a fatica e la versione definitiva arriverà, secondo le previsioni, solo all’inizio dell’anno nuovo”, avverte Marco Menduni, che sul Secolo XIX di Genova ha dedicato, in pieno agosto, un articolo di sintesi molto ben fatto al tema.
In parlamento, accerte Marco Menduni,
“ci sono cinque proposte di legge che hanno iniziato il loro iter in Parlamento e che parlano proprio di biciclette. L’intento è quello di favorirne sempre più l’uso e anche di regolamentare la convivenza con le auto. La proposta più forte, bocciata l’anno passato in commissione Trasporti ma poi riproposta, è quella di far circolare le bici contromano”.
I limiti che potrebbero essere imposti e che Menduni elenca sono carta velina. Lo si vede già oggi che, in base a un sussurro di una possibilità, i ciclisti imperversano senza tenere in minimo conto i limiti:
“1. solo nei centri storici dove il limite di velocità è di 30 chilometri all’ora e lo spazio è sufficiente;
2. su strade larghe almeno 4,25 metri;
3. consentire la sosta senza problemi nelle aree pedonali;
4. iniziare a sperimentare il transito sulle corsie gialle;
5. risarcimento obbligatorio da parte dell’Inail (molti ricorsi sono stati fino a oggi respinti) a chi ha un incidente in bici andando al lavoro”.