OSTIA, ROMA – Lo sgombero di uno spazio occupato abusivamente da un gruppo di rom nella troppo spesso dimenticata Ostia è una piccola storia che fa capire come i giornali, anche per vicende di cronaca spicciola, siano indispensabili ai cittadini e possano dare fastidio ai potenti al punto che Renzi (e prima di lui Berlusconi, D’Alema etc etc) preferirebbero vederli chiusi.
Succede che accanto all’unico ostello comunale nel vasto territorio del Comune di Roma si insedi un gruppo di rom. La convivenza, per i turisti e i gestori dell’ostello diventa subito difficile perché la mancanza di acqua corrente rende precarie le condizioni di igiene degli stranieri occupanti, una decina, di origine serba. Oltre agli afrori vari e puzza di escrementi, acuiti dal caldo estivi, la situazione arriva al limite quando il capo dei rom si mette a macellare la capra che fino ad allora era stata allevata fra i caravan, i topi e le zanzare.
La scena viene fotografata, i turisti girano al largo dall’ostello, i gestori sporgono denuncia alla polizia municipale e al minisindaco del Municipio X. Ma nulla viene fatto finché il Messaggero non pubblica foto e reportage, dando voce alle proteste:
Laura Monti, portavoce della cooperativa, dice: «Abbiamo chiesto ai vigili urbani di fare un’ispezione insieme con l’Ufficio d’igiene. Le persone accampate non dispongono dell’acqua e dei servizi igienici, sono qui da diverse settimane e si può ben immaginare, con questo caldo, l’effetto di degrado e di cattivi odori che si è raggiunto. Abbiamo chiesto aiuto agli uffici capitolini e al Municipio X, magari anche un censimento per capire quante persone vivono in quello spazio, ma non è successo niente».
L’articolo sulla situazione dell’ostello di Ostia viene pubblicato il 7 agosto e l’intervento della Municipale di Roma è immediato. A mezzogiorno i vigili guidati dal capo, Raffaele Clemente, entrano nell’area e la sgomberano. Le ruspe faranno il resto.
Senza quell’articolo, chi frequentava e chi gestiva l’ostello avrebbe dovuto abituarsi all’odore di capra morta che proveniva dai loro vicini di casa.