ROMA – Per rifarsi una faccia sulla insostenibile della raccolta rifiuti, i vertici Ama hanno annunciato urbi et orbi l’imminente licenziamento dei 41 tra dipendenti e dirigenti additati come esempio macroscopico di deriva clientelare dell’epoca Alemanno-Panzironi. C’erano, tra gli appestati, fra l’altro la figlia del caposcorta dell’ex sindaco Alemanno e l’estremista di destra Stefano Andrini, promosso a dirigente forse per meriti squadristi.
Indifendibili nomi e criteri di assunzione sul piano appunto del merito e della trasparenza, non possono però essere usati tanto alla leggera come facile capro espiatorio. Perché, segnala Sara Menafra su Il Messaggero, chi ha firmato il procedimento (in realtà una lettera di intenti) è lo stesso direttore generale di Ama, Alessandro Filippi, che un anno aveva riconfermato tutti i 41 nella pianta degli organici.
Proprio l’aver annunciato pubblicamente i licenziamenti, insieme al fatto che le assunzioni erano state riconfermate, rende impraticabile la strada del licenziamento. Con il rischio della beffa per l’amministrazione Ama. Quei procedimenti saranno impugnati, scommettono i sindacati.
Il segretario della Fp Cgil di Roma e Lazio Natale Di Cola: «Siamo stati tra i primi a contestare queste assunzioni e a protestare quando le figure sono state confermate nell’ultimo ”assessment” dell’azienda. La gestione della vicenda con queste modalità, però, mette Ama ulteriormente a rischio». «L’azienda è intervenuto tardi e male», conclude Di Cola. (Sara Menafra, Il Messaggero).