ROMA – La pensione di Mauro Sentinelli, che fu direttore generale di Tim, è, si dice, la più alta d’Italia: oltre 91 mila euro lordi ed è anche di 54 mila euro superiore a quella che dovrebbe prendere se la pensione corrispondesse a quanto da lui versato.
Il fatto fa scattare la reazione di Gian Antonio Stella, anche se la “rivelazione” è vecchia di quasi un anno. L’articolo ovviamente si fa leggere e fa scattare i nervi a molti, anche se serve a poco perché, come riconosce lo stesso Gian Antonio Stella, Mauro Sentinelli quella pensione non l’ha rapinata, ma deriva da una legge, folle quanto si vuole, ma di questo Stato repubblicano fondato sul lavoro ma che odia le pensioni.
Si tratta di un innegabile contributo a chi soffia sul fuoco dell’odio sociale cui manca però un dettaglio: quanto sia o sarà la pensione di Gian Antonio Stella e, prché no? anche a quanto ammonti lo stipendio che percepisce dal Corriere della Sera, tutto ben meritato senza dubbio ma altrettanto senza dubbio decine di volte superiore a quello dei descamisados i cui sentimenti di invidia Stella ama solleticare.
Il confronto che fa tra la pensione di Mauro Sentinelli e quelle del “popolo” è innegabilmente sulla linea dell’odio, anche se vestito di statistica. La pensione di Mauro Sentinelli è
“l’equivalente di 107 (cento sette) pensioni minime”
ma è anche due volte e mezzo quello che dovrebbe essere:
“Invece dei 91.473 lordi mensili ne avrebbe circa 37 mila lordi. Più che sufficienti, pagate le tasse, a vivere piuttosto bene”.
Gian Antonio Stella si dibatte fra indignazione e realismo:
“Chiariamo subito: l’ex direttore generale di Tim, in pensione da dieci anni dopo una vita passata tutta o quasi nell’azienda telefonica, non è un ladro. È, questo sì, uno scassinatore dei conti pubblici. Ma «solo» per avere approfittato fino in fondo delle leggi che c’erano. Di più: su quei 91 mila euro mensili ne paga 14.536 come contributo di solidarietà. Un sesto del vitalizio”.
Quello che Gian Antonio Stella non chiarisce è la chiosa successiva. Quel vitalizio è
“comunque stratosferico”.
Stratosferico perché non corrispondente ai contributi versati? O per la cifra in se? E per quale ragione lo è, secondo Stella? Non lo spiega, come non commenta la stratosfericità del suo di vitalizio.
Il caso Sentinelli è peraltro un simbolo, o un pretesto. Il cuore del problema è il “velo” che
“finisce per coprire tanti altri che incassano pensioni magari un po’ più basse ma altrettanto astronomiche e squilibrate. […] Basti ricordare, tra gli altri, i vitalizi parlamentari: un euro di versamenti in entrata, undici in uscita. Per non dire di altri (come i militari dei quali l’Inps ha recentemente resi noti i numeri) che ricevono in media il doppio di quanto versato. […]
“Lo sfacciato sbilanciamento fra sistema retributivo e contributivo emerge nel caso del dirigente telefonico in modo abbagliante. Dicono le tabelle che negli ultimi sei anni di carriera, da quando fu nominato direttore generale ai primi di luglio 2009 (l’azienda sottolineò che lo premiava perché gli doveva «molte delle innovazioni nella telefonia mobile come i contratti family e la carta prepagata») fino al 31 dicembre 2005, Mauro Sentinelli guadagnò moltissimo: oltre 23 milioni di euro lorde. E moltissimo (tasse a parte: una tombola) versò di contributi: oltre 7 milioni e mezzo.
Il guaio per i conti pubblici è che quei soldi, con le regole esistenti, gli sono stati restituiti con la pensione, al lordo, in soli sette anni. […] Se vivrà quanto un italiano medio, potrà riceverne in totale, di milioni lordi, ventidue.
Quanto al passato, guadagnava molto ma molto meno. E versò anche molto ma molto meno. Nell’anno della riforma Dini, quando già andava per la cinquantina e aveva percorso gran parte della vita professionale, pagava per il suo futuro, in un anno, la metà di quanto prende oggi in un mese. Insensato.
Proviamo a fare una simulazione? Prendiamo un «quadro» di oggi con due decenni di anzianità e inchiodato alle regole del contributivo. I suoi ipotetici 100 mila euro attuali rischiano di diventare, quando potrà andare a riposo tra una quindicina abbondante di anni, meno della metà.“Se il vitalizio dell’ex dirigente Telecom fosse basato sui contributi che versò, avrebbe come dicevamo non 91 mila euro e mezzo al mese ma, appunto, 37 mila. Anzi, un calcolo più restrittivo messo a punto l’anno scorso parlava addirittura di 25 mila. Il che farebbe supporre un bonus supplementare mensile di 66 mila euro”.
Non è facile uscire dal ginepraio delle pensioni, fra le quali quella di Mauro Sentinelli è un caso estremo ma simbolico. Gian Antonio Stella si chiede:
“Cosa dovrebbe fare lo Stato? Amputargli di netto la pensione? Chiedergli indietro i soldi ricevuti fino ad oggi? E se poi ricorre alla Corte costituzionale chiedendo che venga rispettato il contratto, giusto o sbagliato che fosse, che aveva firmato con lui?”.
Come spiegano fra i molti Giuliano Cazzola e Maurizio Sacconi,
“chi se n’è andato col retributivo e si trova oggi in una situazione che appare di privilegio e dunque a rischio, non ha più la possibilità di rimediare «operosamente», andando in pensione più tardi o facendosi un vitalizio alternativo, al cambio delle regole. Lo stesso Sentinelli potrebbe dire: se avessi saputo che finiva così avrei potuto investire quei milioni versati negli ultimi anni in una assicurazione privata, magari guadagnandoci… E la stessa cosa vale per molti altri.
“Un ricalcolo delle pensioni (a parte la difficoltà di conteggiare una miriade di casi) con l’amputazione secca e brutale dei vitalizi più alti, è di fatto impossibile. Di più: quell’amputazione forse vendicherebbe certe ingiustizie ma sarebbe a sua volta ingiusta e potrebbe perfino, dicono i tecnici, avere effetti negativi sull’insieme. Probabilmente si finirà con una revisione a scaglioni progressivi”.