Pil, 60 anni di storia d'Italia da 40 a 2 mila miliardi: grazie all'Europa ma gli ultimi 10 sono stati un disastro
La storia d’Italia attraverso il Pil, un filo di Arianna nel nostro recente passato, una serie di successi e qualche ombra.
Possiamo essere orgogliosi dei nostri ultimi decenni. Un po’ meno dell’ultimo: fra il 2008 e il 2020 i nostri governanti hanno solo aggravato i danni della congiuntura internazionale. E c’è da scommettere che, scivolato Mario Draghi nell’oblio del Quirinale, andrà solo peggio.
Vediamo però per iniziare i nostri successi. In 60 anni, il prodotto dell’Italia è passato da 40 a 2 mila miliardi di dollari (pre covid). La nostra crescita si è fermata nel 2008. Quello è stato un anno di picco non solo per noi. Ma da allora al 2020 siamo quelli dei grandi europei che abbiamo performato peggio.
Più significativo ancora è il dato del Pil pro capite, il Pil diviso il numero degli abitanti, nel confronto con i più ricchi del mondo, gli Usa, e con i ricchi europei.
Nel 1960, il Pil pro capite italiano era meno del 60% di quello americano, mentre il rapporto Francia-Usa era del 65%, quello di Gran Bretagna, Germania, Danimarca, Svezia, Olanda era sopra il 70%.
Nel 2000, 40 anni dopo, eravamo saliti sopra il 70%, in linea con Francia, Germania, Gran Bretagna.
Il grande balzo in avanti delle economie nazionali europee è dovuto al mercato comune europeo. L’abolizione delle dogane ci ha allineato con gli Stati Uniti. La loro forza principale è sempre stata quella di vivere in una dimensione continentale del mercato da due secoli prima di noi.
Per l’Italia, gli anni di grande crescita sono stati quelli fra il ’60 e l’80. Sono ovviamente cresciuti anche gli altri Paesi, ma in misura inferiore. Così li abbiamo raggiunti.
Merita guardare nel dettaglio l’andamento del Pil italiano negli ultimi 35 anni, quelli più vicini a noi. Li hanno caratterizzati eventi internazionali di un certo impatto per noi. Pensiamo che sono fisicamente morti due partiti chiave della guerra fredda, baluardi dell’anticomunismo e antisovietismo, la Democrazia cristiana e il Partito Socialista.
Evento chiave è stata la fine dell’Unione Sovietica, simboleggiata dalla caduta del Muro di Berlino. Non è da dire che la voglia di comunismo sia finita, basta seguire la politica italiana per rendersene conto.
E finora la mutazione in corso in Cina, a partire dalla morte di Mao, alla fine degli anni ’70, non ha avuto effetti sulle nostre inclinazioni ideologiche. La Cina è tutt’altro che vicina, è l’altra faccia del mondo. Può magari averne avuto su singoli partiti nelle linee della diplomazia tradizionale (solo che una volta i soldi andavano a Talleyrand, oggi beneficiano i partiti).
Guardiamo il grafico interattivo di Google.
Balza agli occhi il divario sempre più accentuato fra la curva del Pil tedesco e quella del francese e dell’italiano. Va in parallelo un analogo trend del Pil pro capite. Credo voglia dire che la ricchezza individuale dei tedeschi è cresciuta, come è cresciuto il Paese. Anche grazie a una intensa quanto attenta e qualificata politica di immigrazione.
Il trend del pil pro capite italiano a confronto con quello tedesco riassume, in pochi numeri, il fallimento della politica economica dei Governi italiani dell’ultimo decennio. Eravamo, nel 2008, a 41 mila dollari per italiano contro 45,4 mila dei tedeschi. Nel 2020 i tedeschi godevano di 45,7 a testa, gli italiani erano scesi a 31,7 mila dollari a testa.
C’è da farsi molte domande imbarazzanti.
Nella curva del Pil italiano si rilevano dei gradini o gradoni. C’è un primo balzo fra il 1985 e il 1992: il nostro pil è triplicato. Poi le montagne russe degli anni ’90, fino al 2000. In quel decennio qualcosa si è ingrippato in Italia. Non tutto mi torna, non tutto mi è chiaro.
Poi, superata rapidamente la crisi post Torri Gemelle, il salto: da 1.144 miliardi di dollari del 2000 a 2.399 del 2008. In quel periodo destra e sinistra (Berlusconi, 8 anni, Prodi, 2 anni), si sono alternate alla guida del Paese. Quel che c’è stato di positivo va attribuito alla congiuntura mondiale, quel che c’è stato di negativo è colpa loro.
Caduto Berlusconi, Monti, Letta, Renzi ecc.si sono susseguiti. Mentre la Germania volava, la Francia calava la metà di noi e anche la Gran Bretagna se la cavava meglio dell’Italia (vedremo poi il film post Brexit fra qualche anno).
Ma non piangiamoci troppo addosso. Il Pil nel 2020 è stato di 1.886 miliardi, il 13% in meno del 2014, ma un bel po’ sopra i 1.144 miliardi del 2000, un bel 65% di crescita.
Il Pil, sigla per prodotto interno lordo dà la misura della ricchezza di un Paese. Giornali, giornalisti e filosofi di ispirazione grillina parlano con disprezzo di “partito del pil”, ignorando che o nemici del Pil potrebbero intestarsi il titolo di “partito dell’odio”.
Pil, spiega Wikipedia, è una grandezza macroeconomica che misura il valore aggregato, a prezzi di mercato, di tutti i beni e i servizi finali prodotti sul territorio di un Paese” in un anno. Esprime il benessere di una nazione relativamente al suo livello di sviluppo o progresso”. Interno perché comprende le attività economiche svolte all’interno del Paese, escludendo dunque i beni e servizi prodotti dalle imprese, dai lavoratori e da altri operatori nazionali all’estero”.