Una urna in ceramica a forma di pillola di Prozac, farmaco anti depressivo, dove sono state riposte le ceneri di Carrie Fisher, non è una trovata da divi di Hollywood. La tendenza si sta affermando non solo in America. Per riporre le ceneri dopo la cremazione, non viene usata una urna cineraria di metallo, ma qualcosa di più fantasioso e elelegante. A favorire la tendenza ha certamente contribuito anche la maggiore apertura della Chiesa cattolica.
Molto usati sono i contenitori di legno a forma di libro. C’è chi, approfittando dello scarso spazio dei cimiteri, tiene in casa i resti cinerari dei cari estinti. Qualcuno molto legato a madre o padre o moglie o figli se li tiene sul comodio, accanto al letto. A Genova ha grande successo la urma a forma di pallone da foot-ball colorato di rosso e blu, i colori del Genoa. Negli ultimi anni, dicono le pompe funebri, i prezzi sono raddoppiati ma le vendite sono aumentate.
Carrie Fisher e Debbie Reynolds hanno avuto il funerale in comune al Forest Lawn Memorial Park in Hollywood Hills, Los Angeles, presenti Meryl Streep, Courtney Love, Jamie Lee Curtis, Gwyneth Paltrow. Dopo, le loro strade funerarie si sono divise, ma solo per poco. Per la madre, Debbie Reynolds, sepoltura nella bara in terra, per la figlia, Carrie Fisher, cremazione e poi accanto alla madre in una urna di ceramica a forma di pillola di Prozac, un farmaco antidepressivo molto diffuso in America.
I loro resti sono stati poi affiancati nella tomba. Ora sono insieme, “e resteranno assiene qui e in Cielo”, ha detto Todd Fisher, loro figlio e fratello.
Le due dive sono morte a 24 ore una dall’altra, Carrie Fisher, aveva 60 anni, ha avuto un infarto mentre volava da Londra a Los Angeles; Debbie Reynold ne aveva 84, è morta di crepacuore il giorno dopo la morte della figlia.
Pochi giorni dopo la loro sepoltura, il network tv cavo americana HBO ha messo in rete un documentario che ha per protagoniste le due dive, in cui la Reynolds appare con il volto tumefatto e coperto di lividi a seguito di una caduta in casa. Per una diva che esordì a 18 anni in Cantando sotto la pioggia con Gene Kelly, tutto è teatro, tutto è spettacolo.
Carrie Fisher, il cui padre era il cantante Eddie Fisher, diventata famosissima in tutto il mondo per la parte della principessa Leila (in inglese Princess Leia) in Star Wars, ha sofferto tutta la vita di malattie mentali, depressione e bipolarismo. Aveva anche un debole per le droghe. Cominciò a 13 anni con la marijuana, poi passò a quelle pesanti.
Per tutta la vita ha cercato di aiutre gli altri, mettendo al servizio dei malati di nervi e di mente la sua propria esperienza. Non ha mai fatto mistero dei suoi problemi, trattandoli anche in libri di successo.
La scelta di mettere le sue ceneri nella urna a forma di Prozac è stata del fratello Todd Fisher, regista e produttore di Hollwood.
“Ho pensato che fosse lì che voleva stare”, ha detto. L’aveva in casa da anni, era una delle cose cui teneva di più, ha detto il fratello: “Ci teneva, lo aveva in casa e così Billie e io abbiamo pensato che le sarebbe piaciuto essere messa lì a riposare”. Billie è Billie Lourd, astro nascente del firmamento di Hollywood.