Roma da paura: Ignazio Marino non vede ma Londra è più sicura

Ignazio Marino. In bici ma con la scorta, i problemi della sua città non lo sfiorano

ROMA – Un anziano signore si fa largo tra i promotori dei ristoranti in via dei Pastini, che a qualsiasi ora sventolano sotto il naso dei turisti enormi menu. Per intercettare i clienti, occupano il centro della strada, i cui lati sono ingombri dalle decine di tavolini. È una striscia di pietre larghe e ben squadrate, su cui è agevole camminare, ma è praticamente preclusa dallo sciame dei peddlers ai passanti, costretti perciò a uno slalom tra tavolini, altri passanti, squadre compatte di turisti, nel precario equilibrio che permettono gli infami sampietrini, graditi solo ai calzolai, ai fabbricanti di scarpe e a chi li ha posati e manutiene.

L’anziano signore protesta: “Guarda un po’ che questi non ti lasciano nemmeno passare” e procede.

Da dietro le spalle, una sgradevole voce, accento est europeo, dice: “E che te rode? Io faccio quello che voglio”.

Il promotore del ristorante, calzoni e camicia grigi, ciuffo di capelli, è magro e alto un metro e novanta.

Discussione: “Chiamo i vigili…”

“E chiamali pure, che me frega dei vigili”.

Di vigili, peralto, nella vigilia di Ferragosto, non si vede l’ombra.

È un piccolo episodio, un esempio di come la prepotenza abbia preso campo nella Roma di Ignazio Marino, la città che ha abolito i regolamenti di sicurezza (non risulta siano stati emanati nuovamente), la città che all’illegalità intrinseca alle grandi città e peculiare di Roma ha dato una copertura politica, con la complicità, giusto dirlo, di Governo e Parlamento con gli effetti della svuota carceri. Nel centro di Roma dominano artisti di strada, accattoni, zingari e poi borseggiatori, scippatori.

Non è che quand’era sindaco Gianni Alemanno, predecessore di Marino, nonostante la conclamata adesione al partito law and order, Roma brillasse per un centro sgombro da turbolenze. Né per questo brillava Milano all’epoca dell’ineffabile Letizia Moratti. Ma ora è decisamente peggio perché diffusa è la sensazione di impunità. “Che me frega dei vigili”.

Altro esempio. Il ponte dell’Isola Tiberina, lato Ghetto, passa fra l’obitorio dell’Ospedale Fatebenefratelli e una gelateria. Davanti alla gelateria ci sono dei tavolini, davanti ai tavolini, in mezzo alla strada, un nero stende abitualmente il suo campionario di borse che si dicono contraffatte anche se c’è chi pensa trattarsi piuttosto di extra di produzione di griffe terziarizzate nel terzo mondo. Quel tratto è territorio dei neri, ma gli altri stanno più avanti oltre le catene anti auto, accostati ai muretti del ponte. Questo qui, forse perché ha litigato con gli altri oppure che è solo più aggressivo nella esposizione della sua merce, sta proprio in mezzo alla strada, che si riduce di oltre metà.

Quando si apre la porta dell’obitorio, arriva un carro funebre, la bara è appoggiata momentaneamente in strada, questa si riduce a un sentiero.

Nessuno sembra avere nulla da obiettare.

Questa è la Roma che Ignazio Marino e il suo vice, Luigi Nieri, hanno voluto.

Ora Marino se la prende con gli inglesi, che Dio li stramaledica, perché il loro ministero degli Esteri ha messo in guardia i loro turisti che vengono a Roma: attenti agli scippi e ai borseggi, Roma è pericolosa.

Per reazione Ignazio Marino ha detto che anche a Londra c’è da avere paura e il Messaggero un po’ si presta, forse per solidarietà sciovinistica: ma gli esempi portati, un po’ vaghi, sono di parti della città che se ci vai te la cerchi. Qui il confronto è tra centro e centro.

E poi gli inglesi non dicono che non ci siano pericoli e che i turisti non debbano stare in guardia anche a Londra. Ma Roma prima non era così e loro lo dicono.

Forse Ignazio Marino, che va in bicicletta scortato da vigili in motorino, non conosce da vicino i problemi della gente normale e nemmeno legge il Messaggero, il principale quotidiano di Roma che ogni giorno racconta come la vita nella Capitale si sia aggravata per colpa di ladri scippatori, zingari. Forse non legge nemmeno i rapporti dei suoi Vigili Urbani, che di sicuro lo aggiornano su come ha ridotto la città.

Le cronache, e probabilmente i rapporti dei Vigili, sono una vetrina su uno scenario di paura e di insicurezza. Anche la cronaca romana di Repubblica, di solito in ginocchio davanti a Marino come la Pravda, è partita all’attacco, riferendo del disagio della zona di Trastevere, grande attrazione turistica a grande densità di abitazione. Dopo il tramonto molte parti di Trastevere sono al buio:

“I lampioni sono fulminati da mesi, quando cala il sole questo diventa il territorio di caccia dei malviventi che mettono a segno scippi e furti a ripetizione. Non sappiamo più come difenderci”, dicono i commercianti interpellati da Luca Monaco. Mesi di riunioni per quattro lampioni in più, nel deserto delle forze dell’ordine, sopraffatte dai compiti, dalle incombenze burocratiche, dall’impunità di cui godono i piccoli criminali. Ore a compilare verbali, a controllare documenti con i guanti bianchi del maggiordomo per poi essere sbeffeggiati dal ladro subito in libertà.

Se Marino andasse a Londra, vedrebbe quanti sono i cartelli con scritto “Beware of pickpockets”, attenti ai borseggiatori, ad esempio nella Underground, la loro Metro. E potrebbe anche passeggiare sereno nelle strade più frequentate senza timore. Se passaggi a Sloane Street, dove sono concentrate le boutiques delle più famose griffe italiane e francesi, a qualsiasi ora ti senti sicuro.

A Roma, in via Borgognona, cuore del quadrilatero del lusso, nel gennaio del 2014, quattro artisti di strada, di quelli tanto coccolati da Marino e Nieri, hanno aggredito una ragazza alle 8 di sera.

A Roma anche i cani dei barboni sono aggressivi, un paio di signore sono finite all’ospedale per i loro morsi.

 

 

 

 

 

 

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Marco Benedetto