Senatori a vita: Riccardo Muti trionfa con Verdi. Si consola di Claudio Abbado?

Riccardo Muti, trionfo a Salisburgo con Nabucco di Verdi, due simboli di una grande Italia

La rivalità tra Claudio Abbado e Riccardo Muti, che ha segnato un pezzo di storia recente della musica italiana, ha avuto un avvitamento un po’ amaro venerdì, con la nomina di Abbado a senatore a vita.

Sono probabilmente molti e molti gli italiani che hanno patito la nomina di Abbado, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Elena Cattaneo a senatori a vita e molti probabilmente anche con qualche ragione. L’evento ha provocato vivaci e anche contrastanti reazioni tra gli italiani.

Entusiasmo a sinistra, irritazione a dir poco a destra, sconcerto tra la gente in cui hanno lasciato un segno un po’ desolante anni di demagogia un po’ di facile lega, da Gian Antonio Stella a Beppe Grillo.

Ha poco senso in genere l’idea che entrino in Senato scienziati o artisti, anche se illustrissimi come Piano, che è l’unico vero grande architetto italiano di statura internazionale che non ha mai avuto bisogno di schierarsi politicamente per vincere i concorsi; o premi Nobel come Rubbia.

Il Senato partecipa alla amministrazione dell’ Italia e un grande scienziato non è necessariamente un grande politico. Certo gli inglesi hanno i Lord, ma ormai i Lord non contano più nulla; mentre il Senato in Italia ha un peso pari a quello della Camera dei Deputati. Ha un po’ il sapore di uno strascico del vecchio Senato del Regno, che però, anch’esso, non aveva il peso del Senato di oggi.

Che poi ora le quattro nomine possano servire a dare stabilità al mediocre, ma sempre meglio di quello di Monti, Governo che ci amministra, è una bella cosa. Ma l’occasionale utilità non dovrebbe fare velo al buon senso.

Allora si può solo immaginare lo stato d’animo di Riccardo Muti, se  sabato mattina ha letto su Repubblica la cronaca di Umberto Rosso sui retroscena delle nomine  fatte dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano:

“In cima alla lista, il nome del maestro Claudio Abbado, caldeggiato pure da una sottoscrizione di firme guidata dal sottosegretario alla Cultura Ilaria Borletti. In lizza però con l’altra grande superstar della musica, Riccardo Muti. Cosa ha giocato in questo caso, come si sceglie fra due grandissimi direttori d’orchestra? E’ il «fattore seniorità», è insomma l’età e l’esperienza che nei criteri adottati da Napolitano ha fatto la differenza”.

A consolare Muti ha provveduto, sullo stesso quotidiano, Leonetta Bentivoglio, purtroppo relegata in cronaca di Roma:

“Muti show: alla guida del Teatro dell’Opera di Roma il direttore in scena con il “Nabucco”. Al termine dieci minuti di ovazioni e applausi. A Salisburgo il trionfo della cultura italiana sulle note di Verdi”.

Il non facile rapporto con l’ufficialità italiana di Muti è nella conclusione della corrispondenza:

“A fine serata Riccardo Muti è soddisfatto, fiero e allegramente polemico. È contento per aver trionfato su quello che definisce «il palcoscenico più difficile del mondo », per la resa di orchestra e coro,per il modo in cui i musicisti romani «hanno dimostrato tutto ciò che è stato seminato in questi tre anni di lavoro all’Opera», per la valorizzazione suprema di un Verdi giovanile che non sempre viene compreso.

“Nota però, col sorriso sulle labbra, la totale assenza d’interesse per l’evento dimostrata (anche a distanza) delle istituzioni politiche cittadine e nazionali: «È forse arrivato qualche augurio per noi, che siamo qui a rappresentare egregiamente l’Italia?», chiede a un collaboratore. Nessun segno dal ministro né dal sindaco, «e nemmeno da un assessore… », dice scherzando, ma poi neanche tanto: «Mi aspettavo che avessimo accanto le forze culturali del mio Paese»”.

Invece, non lo hanno nemmeno fatto senatore.

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Marco Benedetto