
Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio nella foto d'archivio Ansa

ROMA – “Il Pd subisce”, sospira Stefano Folli su Repubblica. Subisce, il Pd, e si piega alle prepotenze di Luigi Di Maio. A Repubblica, per la prima volta non proprio appiattita sulla linea del Pd, non sembrano gradire i continui cedimenti di Luca Zingaretti. Zingaretti è un comunista evoluto, bravo nel bricolage politico ma ancorato a una visione demagogica e populista un po’ passata ma sempre viva nel partito, vedasi il suo vice segretario Andrea Orlando.
L’editoriale di Stefano Folli è una vera e propria requisitoria contro Di Maio e il suo succubo Zingaretti. Di Maio, nel giro di 24 ore, ha portato a segno un uno-due pesante:
1. “Ha ammonito il Pd a non tergiversare sul taglio di 345 parlamentari, da votare alla Camera tra dieci giorni”.
2. “Altra freccia contro la Carta repubblicana. Propone di introdurre il vincolo di mandato per i parlamentari – quelli sopravvissuti al taglio – in modo che nessuno possa cambiare gruppo nel corso della legislatura o anche solo immaginare di lasciare la lista con la quale è stato eletto”.Â
Ai due colpi bassi risponde l’inchino del Pd. Sul taglio dei parlamentari, Di Maio “è stato prontamente rassicurato dal partito di Zingaretti, che pure fino a ieri contrastava un tale strappo alla Costituzione concepito dai Cinque Stelle senza darsi pensiero degli squilibri istituzionali che genera e immaginato solo per motivi di bottega politica: la guerra alle poltrone della “casta”, i parlamentari visti come costosi parassiti, per cui più se ne eliminano più risorse economiche si potranno destinare a vari usi sociali”.Â
Sul vincolo di mandato, Di Maio sembra convinto di ottenere la stessa disponibilità avuta per la riduzione dei parlamentari (disponibilità , va detto, manifestata anche dal nuovo Renzi di “Italia Viva”) .
Al proposito, Folli ricorda che “l’idea di introdurre il vincolo è tipica di chi disprezza il Parlamento e cerca di ridurne i margini d’azione in nome di una retorica “democrazia diretta”.
“Sarebbe davvero singolare se il Pd cedesse anche su questo punto”, osserva Stefano Folli. Ma l’impressione è “che i Cinque Stelle stiano pian piano imponendo una loro agenda istituzionale, in cui al primo punto c’è la mortificazione del Parlamento”.Â
Chi pensava che l’alleanza con il centrosinistra sarebbe servita a rendere “normali” i grillini, facendone i partner affidabili di una sorta di sinistra allargata, deve oggi ricredersi.Â
Il tutto aggravato dal fatto che “le mosse di Di Maio sono i sussulti di un uomo in crisi, assediato dai suoi e desideroso di tamponare in qualche modo la fuga degli adepti: la senatrice passata con Renzi, le voci di altre uscite a favore di Salvini, la sensazione che il mondo dei 5S potrebbe sfaldarsi presto o tardi”.
Questo “obbliga i 5S a pretendere il massimo dall’alleato Pd: il taglio dei parlamentari, il vincolo di mandato, domani una legge elettorale gradita. Tutto episodico, al di fuori di una visione riformatrice che anzi sembra inesistente”.Â
E il Pd, amara conclusione, “subisce”. Â
