Genova, i reduci della Diaz tornano nella scuola 12 anni dopo il G8

Genova, i reduci della Diaz tornano nella scuola 12 anni dopo il G8

GENOVA – Ci hanno impiegato 12 anni, o meglio 4.383 giorni, a trovare la forza di varcare nuovamente quel portone e rivivere l’incubo. Martedì mattina tre ‘reduci’ della notte di follia alla scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001 sono tornati nei corridoi, nelle sale, nei bagni, nella palestra dove fu scritta una delle pagine più vergognose della storia repubblicana. Il giornalista britannico Mark Covell e il collega Lorenzo Guadagnucci del Quotidiano Nazionale, assieme ad Armando Cestaro, classe 1939, militante comunista di Vicenza, si sono trovati poco prima delle 10 davanti al cancello della scuola nell’elegante quartiere di Albaro.

Con loro una ventina di persone tra medici, attivisti, giornalisti, in prima linea in quei tragici giorni nel capoluogo ligure. C’era anche Enrica Bartesaghi, di Lecco, attivista del Comitato Verità e Giustizia, che in un libro ha raccontato le violenze subite dalla figlia Sara. Lei, ora trentenne, proprio non ce l’ha fatta a venire, il tempo non ha cancellato i traumi. ”Tranquilla, tranquilla, è come se tu fossi qui con noi” le hanno ripetuto i genitori al telefono all’ingresso della scuola. Prima i tre hanno chiesto di entrare da soli, hanno parlato con gli insegnanti e con il preside della Diaz. Qualche decina di minuti di raccoglimento senza le telecamere e i flash.

Hanno girato ognuno per conto proprio, scavando nei ricordi di quella notte in cui all’improvviso si trovarono davanti un manipolo di poliziotti e furono massacrati di botte. La famosa ‘macelleria messicana‘. Guadagnucci e Cestaro si sono fermati nella palestra, al piano terra, dove stavano dormendo nel sacco a pelo quando partì la carica. ”Ho ripensato alla sensazione di stupore, di sgomento, di panico, l’esperienza di aver paura di morire non è comune” ha osservato il giornalista, mentre il quasi settantacinquenne Cestaro ripeteva: ”Ho visto cose terribili qui dentro, sangue dappertutto”. Covell si trovava invece in un’aula al primo piano. Visibilmente turbato, si è soffermato a lungo a guardare la scala lungo la quale è stato trascinato dagli agenti, quasi privo di sensi e sanguinante per i colpi alla testa.

”Mi è tornata la rabbia, pensavo si fosse assopita” ha invece ammesso Enrica Bartesaghi, che ha voluto visitare il bagno dove la figlia è stata picchiata fino a perdere i sensi. Alla ‘visita’ ha partecipato anche Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum nel luglio 2001, che ha ricordato ”quel poliziotto, rimasto sempre sconosciuto, che ha salvato Mark Covell chiamando un’ambulanza altrimenti sarebbe morto e per questo venne ripreso da un superiore”. Lo stesso Agnoletto ha poi avanzato una richiesta: ”La scuola Diaz sia dichiarata monumento d’interesse nazionale e all’entrata, a fianco del portone divelto dalla violenza della polizia, sia posta una targa con incise le frasi più significative della sentenza pronunciata dai giudici”.

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Elisa D'Alto