
ROMA – Ha deciso di uscire dal programma di protezione quando ha osato chiedere un’automobile per portare i figli a scuola. Pioveva, la sua non la poteva usare per ovvi motivi, si è sentito rispondere: “Si compri un ombrello più grande”. Da quel momento Gianfranco Franciosi, per 4 anni infiltrato tra i narcotrafficanti, ha saputo di essere un “morto che cammina”. Uno di quelli che non programma mai niente, neppure un week end fuori. Perché non sa se il prossimo week end sarà ancora vivo. La sua storia Franciosi la racconta in un libro, “Gli orologi del diavolo” (scritto insieme a Federico Ruffo) e in una lunga intervista reportage a Antonio Castaldo per il Corriere della Sera.
La storia di Franciosi inizia nel 2006. Una mattina che sembra come tante. Franciosi ripara e assembla gommoni e imbarcazioni. E’ forte soprattutto negli offshore e la sua fama gli procura un cliente tutto particolare: il re del narcotraffico europeo Elías Piñeiro. Non è un signore a cui si risponde di no facilmente: Francioso deve provvedere all’imbarcazione e guidarla dove gli sarà detto di andare. Subito dopo quel primo incontro va in Questura e racconta tutto. E’ l’inizio di 4 anni di viaggi per i narcos: viaggi in cui la polizia, grazie a lui, arriverà ad ottenere informazioni che non poteva neppure sognare di ottenere.
Va meno bene a Franciosi che in uno dei primi viaggi si ritrova in carcere in Francia. E’ un problema: se parla esce subito, ma la copertura salta. Resterà in carcere sette mesi a “montare caricabatterie”. Per 4 mesi non vede l’ombra di un poliziotto italiano, poi arriva una prima offerta, quella di dichiararsi “pentito”. Offerta declinata..
Quando esce di cella Franciosi per i narcos è ancora più affidabile. E’ il momento in cui grazie a lui la polizia europea piazza il più grande colpo al cuore del narcotraffico: viene intercettata e sequestrata una nave madre, un supermarket della droga in mezzo al mare: rifornisce tutti i clan dello spaccio europeo. E’ un’operazione con cifre che fanno paura: vengono sequestrati 5664 kg di cocaina, milioni di euro in contanti, una montagna di orologi, quelli che danno il nome al libro, da 30mila euro l’uno.
E ora, Franciosi, grazie a tutto questo si trova a essere un morto che cammina. Le minacce non mancano, racconta. Proiettili seminati di qua e di là. Ma vivere sotto il programma di protezione, lui che ha una moglie e 4 figli, ha detto di no. Per “mancanza di umanità”. E’ la parte più inquietante di tutto il suo videoracconto. Spiega Franciosi che i soldi per campare non arrivavano mai puntuali. “Non avevamo di che mangiare in casa, e se chiamavi ti rispondevano quando arriverà arriverà”. Uno che vive sotto il programma, ovviamente, non può lavorare e quindi da quei soldi dipende integralmente. Poi la goccia che fa traboccare il vaso. “Ci hanno tolto l’auto, perché era cercata dai narcotrafficanti. Ho chiesto di comprarne un’altra per portare il bambino a scuola. Mi hanno risposto: si compri un ombrello più grande”.