Mario Draghi e il suo "whatever it takes" per salvare l'Europa dalla crisi economica: il video
“Whatever it takes”: quello che potrebbe sembrare il motto di un supereroe è diventato il motto di Mario Draghi. O quantomeno le parole con cui è diventato popolare l’economista e banchiere chiamato dal presidente Sergio Mattarella a prendere le redini del governo lasciato da Giuseppe Conte.
Correva l’anno 2012. Draghi, all’epoca presidente della Banca centrale europea, intervenendo alla Global investment conference di Londra del luglio di quell’anno disse: “C’è un altro messaggio che vi voglio dare. Nell’ambito del nostro mandato, questo la Bce è pronta a fare qualsiasi cosa sia necessaria (whatever it takes) per salvaguardare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza”.
Parole alle quali sono seguiti fatti, in un’accorta gestione di parole e decisioni, culminate nel quantitative easing: l’impegno della Bce e delle banche centrali dei diversi Paesi europei a sostenere i loro titoli sul mercato. Di fatto ha cambiato la ‘cassetta degli attrezzi’ della Bce senza snaturarne il ruolo. Da allora quella frase è diventata anche voce del dizionario Treccani.
Negli ultimi tempi le parole di Draghi sono state dedicate alla questione debito pubblico e Recovery Fund (Next Generation Eu): “La sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse di Next Generation Eu”, aveva detto a metà dicembre, affrontando con alcuni giornalisti i temi di stringente attualità, dai vaccini ai rischi delle imprese. “Se le risorse saranno sprecate – ha ammonito – il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita”.
Per Draghi il nodo del debito pubblico è sempre stato centrale. “L’impatto di Next Generation Eu sulla crescita e sulla sostenibilità del debito negli anni a venire sarà maggiore, quanto più grande è il debito iniziale – ha spiegato – Per questo è così importante che i Paesi con un debito elevato facciano una valutazione molto attenta del tasso di rendimento dei progetti che finanzieranno”.
Le scelte devono essere oculate, ma anche il tempo non è una variabile indipendente. “Le autorità devono agire urgentemente – ha spiegato – perché in molti settori e Paesi siamo sull’orlo del precipizio in termini di solvibilità, specialmente per le piccole e medie imprese, con i programmi di sostegno in scadenza e il patrimonio esistente che viene eroso dalle perdite”.
La consapevolezza è anche quella di gestire la fase d’emergenza e poi l‘uscita dalla crisi: “Il problema – ha detto parlando a dicembre nelle vesti di co-presidente di un gruppo di lavoro del G30 – è peggiore di quel che appare perché il massiccio aiuto in termini di liquidità, e la vera e propria confusione causata dalla natura senza precedenti di questa crisi, ne stanno mascherando le vere dimensioni”. (Fonte video: Agenzia Vista/Alexander Jakhnagiev)