WASHINGTON – La rabbia dell’America divisa cala su Washington e sfida la formalità della cerimonia nell’Inauguration Day, punteggiando la città di focolai di protesta con una tensione che monta fino a dar vita a scontri violenti nel cuore della ‘città politica’, a pochi metri dalla Casa Bianca, proprio mentre si celebra il rito massimo della democrazia americana, il giuramento di Donald Trump 45 esimo presidente degli Stati Uniti.
Almeno 90 gli arresti nella capitale, mentre proteste e manifestazioni attraversano molte altre città degli Usa. Sono i black bloc ad entrare in azione dando vita per un’intensa mezz’ora – in un primo episodio – all’incubo che il massiccio dispositivo di sicurezza dispiegato in città ha sperato fino alla fine di scongiurare. Sono un centinaio, con cappucci e i volti semi-coperti, vestiti di nero.
Fin dalle prime ore della mattina visibili riuniti in gruppi e presidi, così come le decine di altri manifestanti facenti capo a diverse sigle ed associazioni, ma gli slogan scanditi in marce ordinate diventano disordini all’improvviso, tra urla e scontri con la polizia in assetto antisommossa. Un intero isolato è messo a ferro e fuoco, si agitano cartelli con scritto ‘Make racist afraid again’, rifacendosi allo slogan di Trump ‘Make America Great Again’. Frantumate vetrine di banche ed esercizi commerciali a colpi di mazze: Starbucks, McDonald’s, Bank of America.
Le forze dell’ordine fanno ricorso ai lacrimogeni per disperdere la folla, dalle strade adiacenti arrivano agenti a cavallo, l’intera area è bloccata e sorvolata da un elicottero. Lo sgombero avviene rapidamente, ma restano le tracce della rabbia, con l’aria ancora densa di fumogeni: “Erano circa un centinaio, hanno frantumato tutto e sono andati via rapidamente”, ha raccontato all’Ansa uno degli esercenti locali impegnato a raccogliere i frammenti delle vetrine. La calma ripristinata viene rotta nuovamente poco dopo: in un altra intersezione nel cuore di ‘downtown’ – mentre sfila parallela una marcia pacifica – a pochi metri dal tragitto della parata che vede il presidente Donald Trump sfilare dal Campidoglio alla Casa Bianca, esplodono nuovi disordini dopo che dimostranti lanciano bottiglie e sassi contro la polizia in assetto anti-sommossa, che risponde utilizzando spray urticanti.
I primi fermi erano stati registrati subito in mattinata, per la gran parte però si è trattato di episodi isolati. Perché la folla oceanica dell’America che dice ‘No’ a Donald Trump a Washington alla fine non è arrivata. O almeno non si è spinta fino al Capitol a disturbare il giuramento e non si è riversata nella metropolitana, che per tutto il giorno ha collegato senza intoppi i due punti nevralgici della giornata.
Ma il messaggio di “resistenza” è giunto forte e chiaro, quando – mentre si ufficializzava il passaggio definitivo dall’era Obama a quella Trump – un cordone di dissenso ha idealmente percorso la città: contemporaneamente sono stati bloccati diversi check point per l’accesso al tragitto della parata che dal Campidoglio porta il tycoon alla Casa Bianca lungo Pennsylvania Avenue. “E’ una protesta pacifica ma determinata”, spiegano i dimostranti all’Ansa. “Siamo qui perché una minoranza di americani ha eletto un feroce narcisista fascista. Milioni di americani non lo accetteranno mai come leader”, annuncia Don Druker. “Siamo qui per mantenere la speranza. Ho lavorato per anni per il governo federale, sotto molti diversi presidenti, alcuni mi piacevano e altro no. Ma non sono mai stato così spaventato. Non sarà mai il mio presidente”.