CHICAGO, 12 MAG – Il cognato della cantante e attrice americana Jennifer Hudson, William Balfour, è stato dichiarato colpevole da un tribunale di Chicago del triplice omicidio nel 2008 della madre della cantante, Darnell Donerson, 57 anni, del fratello di Jennifer, Jason Hudson, 29 anni, e del nipote dell’artista, Julian King, di soli 7 anni (figlio della sorella di Jennifer, Julia, moglie di Balfour). L’imputato, che si dice innocente, rischia l’ergastolo e presentera’ appello.
La cantante e attrice afroamericana, 30 anni, vincitrice di un Grammy e di un Oscar per il film ‘Dreamgirls’, era presente all’udienza e ha lasciato l’aula senza fare dichiarazioni. Secondo il procuratore della contea, Anita Alvarez, l’artista era “molto emozionata, ma anche molto sollevata”. Il delitto era avvenuto nell’ottobre del 2008. Balfour, un balordo con precedenti per droga, era separato dalla moglie Julia, che non lo sopportava più e voleva divorziare. L’uomo non accettava la separazione e aveva minacciato Julia di uccidere prima la sua famiglia e poi lei, se lo avesse lasciato. Secondo il tribunale, Balfour aveva rubato una pistola calibro 45 a Jason (anche lui pregiudicato per droga) e lo aveva ucciso insieme alla madre nella loro abitazione. Poi aveva rapito il piccolo Julian, lo aveva portato via sul suv di Jason e lo aveva ucciso, abbandonando il cadavere sull’auto.
William aveva cercato in tutti i modi di far sparire le prove e di procurarsi un alibi. A scoprire la strage era stata Julia, rientrando a casa. Il corpo del bambino era stato ritrovato solo tre giorni dopo.
Al processo la difesa di Balfour ha sostenuto che il triplice delitto poteva essere stato commesso da spacciatori in lite con Jason. L’accusa ha risposto che c’era uno ‘tsunami’ di prove circostanziali della colpevolezza dell’imputato: tabulati telefonici, riprese di telecamere, testimonianze.
Jennifer Hudson in udienza aveva detto che lei e la sua famiglia non avevano mai amato il marito di Julia: “Non ci piaceva vedere come la trattava – aveva dichiarato – e non ci piaceva vedere come trattava mio nipote”.