ISTANBUL – Una folla oceanica come mai si era vista finora secondo i media turchi, ha riempito all’inverosimile domenica pomeriggio la spianata di fronte al Mar di Marmara a Yenikapi, nella parte europea di Istanbul. Un raduno denominato “per la democrazia e per i martiri”, una manifestazione contro il golpe di metà luglio, voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan e alla quale hanno partecipato anche i leader di due tra i maggiori partiti d’opposizione, Kemal Kilicdaroglu del Chp e Devlet Bahceli del partito nazionalista Mhp. Assente solo il partito filo-curdo Hdp, che non è stato invitato.
Fin dalle prime ore del pomeriggio l’area si è riempita di manifestanti vestiti di bianco e di rosso, che sventolavano bandiere nazionali (escluse quelle dei partiti) e cantavano slogan inneggianti all’unità della Turchia. Un’apoteosi per porre il sigillo a tre settimane di mobilitazione popolare a favore della democrazia, dopo il golpe fallito di metà luglio, che ha lasciato sul terreno più di 270 morti.
Impossibile fornire cifre certe sulla partecipazione ma i media internazionali hanno parlato di più di un milione di manifestanti mentre l’agenzia di stampa Anadolu si è spinta fino a tre milioni, calcolando anche i raduni davanti ai grandi schermi in molte località sparse in tutto il Paese.
Arrivato in elicottero con la moglie tra le ovazioni della folla, Erdogan aveva twittato sul suo account: “Invito tutti i miei cittadini a Yenukapi, per mostrare in modo inequivocabile e forte la nostra unità e solidarietà”. E quando ha arringato la folla, ringraziando entusiasticamente chi “a petto nudo” ha fermato i golpisti, l’entusiasmo è andato alle stelle.
Prima di lui aveva parlato tra gli altri Kilicdaroglu, il più recalcitrante tra i potenti invitati alla manifestazione. “Il 15 luglio ha aperto la porta alla nostra riconciliazione” aveva scandito. Ed era stato osannato.
Le ultime tre settimane di manifestazioni pro-Erdogan nelle più importanti piazze di Istanbul e di Ankara sono state peraltro accompagnate anche da implacabili purghe tra militari, magistrati, insegnanti, giornalisti e intellettuali. A centinaia sono finiti in carcere (gli ultimi 90 arresti di cui si è avuta notizia sono di ieri sera), più di 60.000 hanno perso il lavoro e sono di fatto precipitati in un nulla senza certezze ma con enormi incognite sul futuro loro e delle loro famiglie.
Epurazioni che preoccupano la comunità internazionale ma che oggi sono rimaste fuori dalle piazze presidiate da migliaia di poliziotti e uomini dei servizi di sicurezza. Con la sola eccezione di una promessa giustizialista: “Se il Parlamento la voterà, reintrodurrò la pena di morte”, ha confermato alla folla il presidente sotto le gigantografie sua e del padre fondatore della Turchia, Mustafa Kemal Ataturk. E poi ancora: “Staremo insieme come un’unica nazione, un’unica bandiera, un’unica madrepatria, un unico stato e un’unica anima”. L’ennesima ovazione della marea rossa e bianca gli ha consegnato il trionfo.