Siamo alla fine del XIX secolo. John Reid (Armie Hammer, già ammirato su “The Social Network”), giovane avvocato texano, torna nel selvaggio West per consegnare alla giustizia il criminale Butch Cavendish (William Fichtner). Durante un’imboscata, suo fratello, Dan Reid, e altri texas ranger vengono uccisi dalla banda di Cavendish. John, dato per morto dai banditi, viene salvato dall’indiano Tonto (Johnny Depp con look alla Rob Zombie, viso pitturato e corvo morto in testa) e da un cavallo bianco. Con l’aiuto dell’amico pellerossa, John si trasformerà in un vendicatore mascherato. Almeno stando a quel che viene raccontato, nell’incipit del film, da un anziano cheyenne esposto in un diorama di una fiera…
Alla loro quarta collaborazione – dopo i successi della saga dei Pirati dei Caraibi -, il trio formato dal regista Gore Verbinski, dal produttore Jerry Bruckheimer e dal feticcio Johnny Depp si cimenta nel rifacimento di “The Lone Ranger”, un serial televisivo western anni ’50 nato da una fiction radiofonica nel lontano 1933. La pellicola di Verbinski, forte di un budget di 250 milioni di dollari, proietta subito lo spettatore in un west selvaggio e polveroso, ambientando l’intera vicenda ai tempi della costruzione della ferrovia transamericana. Al di là del pur simpatico Hammer, eroe per caso dalle capacità espressive un po’ ridotte, a rubare la scena non poteva che essere Depp in versione cheyenne.
Il film di Verbinski, pur avvalendosi di una trama tutt’altro che prevedibile, riesce appieno nel suo vero intento: divertire senza rinunciare a colpi di scena e cambi continui di atmosfera. Nei suoi 149 minuti di proiezione – forse troppi-, The Lone Ranger alterna momenti comici a momenti decisamente più seri, senza intaccare eccessivamente il ritmo della narrazione, dando così modo a Verbinski di dar sfoggio delle sue abilità registiche. L’azione non manca di certo – così come era stato per i Pirati – e alcuni personaggi risultano davvero azzeccati (su tutti la Madame Red di Helena Bonham Carter decisamente più convincente dei due cattivi di turno).
Nonostante la rilettura del mito del West risulti un po’ troppo politicamente corretta – parliamo ad ogni modo di una produzione Disney -, con la costante dicotomia tra l’avidità dei bianchi e la saggezza dei nativi americani sempre in rpimo piano, gli ingredienti usati da Verbinski e Bruckheimer funzionano bene. Guerrieri indiani, cowboy spietati, locomotive in fiamme, inseguimenti tra le miniere…Meno ispirato dei Pirati dei Caraibi ma sicuramente riuscitissimo. Nota di merito infine per la colonna sonora di Zimmer – spassoso l’utilizzo del Guglielmo Tell di Rossini nel finale – e gli effetti visivi, curati dalla Industrial Light & Magic. Divertimento assicurato per grandi e piccini.