Ecco “Vedozero”, film diario girato da 70 ragazzi con i propri telefonini

Settanta ragazzi tra i sedici e i diciott’anni, studenti di tre istituti del milanese (il professionale Floriani di Vimercate, lo scientifico Majorana di Rho e il liceo della comunicazione Maddalena di Canossa di Monza) hanno girato un film con i propri telefonini.

L’idea di mettere in pratica quanto insegnato, è nata dal regista Andrea Caccia che nelle scuole in questione ha tenuto dei corsi di linguaggio cinematografico. Caccia definisce la pellicola girata con i comunissimi telefonini un “film diario”.

Settanta studenti, ognuno coinvolto a pieno titolo nel progetto e ognuno impegnato a girare la propria parte di film che ha portato ad un ribaltamento radicale delle pratiche produttive, una sovversione di ruoli e di funzioni che mette in discussione, almeno parzialmente, la centralità «autoriale» del regista (che pure c’è, visto che il lavoro di sei mesi di riprese è stato poi montato e assemblato da Caccia).

I telefonini sempre più oramai sostituiscono la funzione che una volta veniva svolta dalle cineprese in Super8: Vedozero, pur nonn essendo il primo film interamente girato con i telefonini, rappresenta un’esperienza unica e un appuntamento importante, che gli ha fatto meritare il Premio della critica al Martini Premiere Awards e ottenere di essere selezionato all’ultimo festival di Rotterdam.

Come si sarà intuito è piuttosto difficile riassumere la trama del film, anche se dura solo 77minuti. Ci sono dei momenti ricorrenti (le paure per le interrogazioni, i legami di coppia, le confidenze tra amiche, le feste serali) e ci sono dei «personaggi» riconoscibili (il «rumorista » che imita le sonorità elettroniche con la bocca, la coppia di fidanzati che si scambiano le fedine e si promettono eterno amore) ma in generale il film procede per accumulo di volti e di situazioni secondo una logica che verrebbe da definire non di causa-effetto ma di affinità (una soggettiva all’interno di un autolavaggio aiuta a «pulirsi gli occhi» dopo una serie di scene notturne).

Ci sono naturalmente dei luoghi che tornano con maggior frequenza di altri, come la scuola, i posti dove i ragazzi si danno appuntamento, le camerette dei vari studenti. Ma ogni tanto ci sono degli squarci visivi che rompono l’omogeneità della materia e aprono il film all’improvviso, regalandogli una spontaneità preziosa: come la gita al mare, di cui non abbiamo le coordinate (dove? quando? perché?) ma di cui ci resta un’indimenticabile inquadratura di due piedi nudi che entrano nell’acqua mentre qualcuno fuoricampo si lamenta della sua temperatura troppo bassa.

Gli adulti entrano in scena solo verso la fine e senza una funzione specificamente narrativa (vorrebbe voglia di saperne di più del padre operaio in cassa integrazione o di quello che si prepara a una campagna elettorale). I dubbi e i problemi di quell’età sono affrontati solo marginalmente, a volte (come sul tema della droga) con una velocità che sa un po’ di superficialità o di «stanchezza» (basta con queste domande, sembrano voler dire). L’unico vero soggetto sono quei settanta giovani e il loro mondo quotidiano, mai «spiegato» o «indagato» ma piuttosto registrato «a futura memoria», colto nella sua immediatezza e spontaneità, a volte di difficile comprensione. Ma più per gli adulti. Per gli altri è uno specchio in cui guardarsi e nascondersi nello stesso tempo.

Ecco due trailer del film:

Published by
Lorenzo Briotti