Cronaca Europa

Anis Amri prima ad Amsterdam, poi a Lione, poi…

Anis Amri prima ad Amsterdam, poi a Lione, poi… (foto Ansa, con il terrorista alla stazione centrale di Milano)

BERLINO – Il terrorista della strage di Berlino è passato da Amsterdam per arrivare a Lione. E’ quanto riferiscono i media olandesi e belgi citando quelli francesi. Anis Amri avrebbe quindi raggiunto la Francia via Olanda, con un bus della società Flixbus partito dalla stazione di Sloterdijk di Amsterdam sino a Lione senza mai essere stato controllato nonostante viaggiasse armato. Non si sa ancora come invece abbia raggiunto Amsterdam da Berlino.

Si arricchisce sempre più di nuovi tasselli l’ultimo viaggio di Amri, mentre gli investigatori stanno passando al setaccio il suo passato, anche carcerario. Dopo il fermo immagine dell’uomo alla stazione di Lione, la Polizia ha diffuso la foto del suo passaggio alla Stazione centrale di Milano. Le immagini delle telecamere lo riprendono alle 00.58 del 23 dicembre, nell’atrio dello scalo, diretto all’uscita: vestito di nero, giubbotto, zainetto e cappellino, Amri appare tranquillo. Da solo si trasferisce a piedi verso la vicina piazza Argentina, da dove partono i pullman sostitutivi della Linea 1 del metrò che porta a Sesto San Giovanni.

Gli investigatori hanno accertato che sul bus Amri era solo. Sempre oggi si è avuta conferma di una sua sosta anche alla stazione ferroviaria di Bardonecchia, da dove è poi partito prima verso Torino Porta Susa, poi da Porta Nuova verso Milano. Gli inquirenti milanesi hanno acquisito anche le immagini delle telecamere di sicurezza della piccola stazione e hanno raccolto informazioni dal personale di Trenitalia in servizio giovedì sera. All’esame anche le immagini registrate dalle telecamere di Sauze D’Oulx e Torino Porta Susa: obiettivo non solo ricostruire il suo percorso, ma anche accertare se Amri abbia incontrato qualcuno in queste stazioni intermedie.

Proseguono intentato a Sesto i controlli, talvolta ben visibili, e la raccolta di testimonianze sul territorio. Servono per verificare se Amri avesse degli appoggi nella ex Stalingrado d’Italia, oppure se piazza Primo Maggio, davanti alla Stazione ferroviaria, sia stata solo un approdo per prendere il largo, forse verso il Sud Italia o il Medio Oriente. In questo senso potrebbero rivelarsi utili i dati che gli investigatori tedeschi hanno portato a Milano riguardo il telefono lasciato da Amri sul luogo della strage, mentre la tessera telefonica olandese che gli era stata trovata a Sesto era inutilizzata. Vanno di pari passo la valutazione e l’analisi di persone che gravitano attorno ad ambienti radicali islamici dell’hinterland milanese e in Lombardia.

Non sarebbero emersi legami evidenti di Amri con queste persone, ma una rilettura dei dati anche di inchieste ormai definite potrebbe anche semplicemente escludere che il tunisino potesse contare su appoggi logistici. Poi gli anni passati in carcere: attraverso i documenti del Dap si sta verificando dove si trovino diversi detenuti con cui in Sicilia Amri intrattenne dei rapporti. Spesso burrascosi, a cominciare da quello avuto con un detenuto ad Agrigento che lo descrisse come “un terrorista islamista che mi terrorizza per convertirmi all’Islam”. L’uomo dichiarò che Amri lo minacciò di tagliargli la testa “solo perché io sono cristiano”.

Dalla Germania arrivano intanto particolari di come il tunisino abbia ucciso l’autista polacco del Tir che ha usato per la strage. Il camionista, secondo quanto riferito da alcuni media tedeschi, avrebbe agonizzato per ore dopo che Amri gli aveva sparato alla testa, “tra le 16.30 e le 17.30”. Addirittura poteva essere ancora vivo quando Amri si scagliò con il tir contro la folla al mercatino di Natale, “ma i medici escludono che sia stato in grado di agire con consapevolezza” e quindi “di aggrapparsi al volante durante l’attentato”. Inizialmente sembrava infatti che il camionista avesse lottato fino all’ultimo, aggrappandosi più volte al volante nel tentativo di far sbandare il mezzo pesante e salvare così altre persone.

Published by
Alberto Francavilla