ROMA – All’una e mezza del 10 di giugno il Corriere della Sera diceva che era la soia, alla stessa ora Repubblica dava la colpa ai fagioli: la notizia è che nessuno sapeva e per qualche ora è stata una vera Babele. Finchè non arrivano le autorità sanitarie tedesche a far un minimo di chiarezza.
L’azienda incriminata è della Bassa Sassonia, spiegano dalla Germania, e produce cari tipi di germogli, non solo soia e non solo fagioli, ma 18 tipi diversi. Quindi, finché le dovute analisi non scioglieranno il mistero restano tutti e 18 sospettati, con la specifica che la prudenza riguarda i germogli crudi.
Secondo il direttore dell’Istituto Robert Koch, Reinhardt Burger i consumatori che “hanno mangiato germogli hanno una probabilità nove volte più alta di soffrire di diarrea emorragica rispetto a coloro che non li hanno mangiati” e l’epidemia “non è finita”. Se contagi si sono registrati in “13 Paesi europei”, riconducibili a precedenti viaggi nell’area focolaio dell’epidemia, per l’Italia, ha chiarito Fazio anche davanti al Consiglio dei ministri, non c’è “nessun allarme”. E in ogni caso, se anche ci dovessero essere casi di infezione di cittadini provenienti dalla Germania, “questo non sarebbe un problema”. Perché “tutte le strutture sanitarie sono allertate”, compreso il laboratorio dell’Istituto superiore di Sanità. A maggior ragione, quindi, vanno evitati ”allarmi infondati che possono non solo generare inutile preoccupazione nei cittadini ma anche conseguenze per i nostri prodotti agricoli e alimentari”. Rassicurazioni sono venute dal ministro dell’agricoltura Saverio Romano che ha riferito al Consiglio dei ministri: “la frutta e gli ortaggi italiani sono tutelati da un sistema di controlli che li rendono sicuri”.
