PARIGI – “Prima ci fotografava e poi ci stuprava”: sono una condanna senza appello le parole di Flavie Flament, giornalista e presentatrice tv francese di 42 anni, madre di due figlie e autrice di La Consolation, libro in cui denuncia gli abusi sessuali subiti quando era solo una bambina da parte di un fotografo molto famoso, poi identificato con David Hamilton, il noto fotografo inglese che si è suicidato poche settimane fa, proprio dopo che le accuse erano diventate pubbliche.
In un colloquio con Carla Bardelli di Vanity Fair, Flavie Falment racconta la sua storia, una storia che accomuna molte altre donne: almeno venti si sono fatte avanti dopo il suo libro denuncia. Tutte donne che a 13-14 anni sono state consegnate dai genitori nelle mani del celebre fotografo. E per questo la denuncia di Flavie è doppia: contro il pedofilo, o presunto tale (visto che non potrà mai avere un processo) e contro la famiglia, troppo spesso connivente nelle storie di pedofilia: “La Consolation è un libro dedicato a tutti i bambini ridotti al silenzio, a cui la memoria e le parole sono tornate troppo tardi”, spiega Flavie.
La donna ricostruisce quel primo terribile incontro:
“Tutto si mescola nei ricordi, quando mi mise sotto la doccia per violentarmi. Le sue mani, il sapone, gli occhi rossi annebbiati, la schiuma, le dita che penetrano l’intimità e poi il sangue, lo sporco, il vomito, la puzza del suo profumo a buon mercato, il sudore…”.
All’epoca Flavie aveva tredici anni. Ad accompagnarla dal fotografo fu sua madre, che adesso, dopo le accuse pubbliche rivoltele nel libro dalla figlia, le si è rivoltata contro, negando tutto e additandola come pazza.
“Questo dimostra quanto le famiglie, compreso mio fratello che ha avuto per me parole durissime, siano parte integrante del meccanismo perverso della pedofilia. Quando mi accompagnava a casa di Hamilton, lui ci veniva ad aprire la porta completamente nudo, con la macchina fotografica a tracolla. Uno spettacolo che avrebbe fatto inorridire qualsiasi madre responsabile. E mi chiedo come mio fratello, che a quel tempo aveva solo 9 anni, possa difenderla, trattandomi da pazza”, spiega Flavie.
La giornalista sperava di ottenere giustizia con questo libro. O almeno delle scuse da Hamilton. Ma lui si è ucciso.
“Questo suicidio mi ha messo addosso un’immensa rabbia. È stato il suo ultimo atto di vigliaccheria. Il peggior momento di queste settimane. Guardando indietro, mi rivedo con in mano il libro fresco di stampa: ero convinta che la mia vita sarebbe cambiata. Finalmente ero riuscita a parlare, avevo messo in copertina la foto che mi aveva scattato, come atto di accusa.
Non avevo potuto nominarlo (…). Il mio collega Thierry Ardisson ha fatto il suo nome al posto mio, durante una trasmissione televisiva, ricevendo minacce di ritorsioni legali da parte di Hamilton, che ha smentito ogni accusa. Ma non aveva messo in conto che due delle sue vittime si facessero vive, prima ancora che uscisse il libro. E molte altre sono venute dopo, a rendere poco credibile la sua difesa. Lo scenario era sempre lo stesso: ragazzine di 12-13 anni che trovava sulle spiagge di nudisti, mai modelle professioniste, sempre accompagnate dalle madri. Prima ci fotografava e poi ci stuprava. Oltretutto, guadagnava bei soldi sulla nostra pelle, ci rubava la vita, l’innocenza, e poi esponeva le foto in mostre frequentatissime, vendeva calendari, magliette, cartoline e faceva libri, con la nostra faccia e il corpo di noi bambine violentate”.